1.17.2016

Silver trout (Trota Lacustre)

Silver Trout

Testo e fotografie di Marco Altamura



Sono passati più di trent’anni da quando ventenne insidiavo le mie prime Lacustri a spinning sul Sebino; la spensieratezza dei vent’anni e l’entusiasmo tipico di quell’età non sono affatto cambiati e ancora oggi, dopo tanto tempo passato a praticare questo specifico tipo di pesca, ci metto lo stesso impegno e la stessa determinazione al fine di perfezionarne la tecnica e migliorarne i risultati. Anche la stampa di settore agli inizi degli anni ’80 era agli albori nel trattare un argomento che fino ad allora era esclusivamente di pertinenza di chi praticava la pesca professionale o al più la tecnica della trotiera o molagna sui grandi laghi prealpini. Ricordo con un velo di tristezza i primi articoli redatti sull’argomento dal compianto Giorgio Brivio, grande estimatore ed antesignano di tale tecnica volta ad insidiare la “Regina degli abissi”a spinning dalla riva. Fin da quegli anni infatti, Giorgio aveva intuito che la possibilità di catturare Lacustri con la canna non era poi così remota.
Da allora fiumi di inchiostro sono stati versati, ma ne le mode passeggere, ne le tendenze del mercato sono state in grado di scalfire minimamente il fascino di questo spinning meraviglioso rivolto ad un pesce unico caratterizzato, unitamente all’altro nostro glorioso endemismo rappresentato dalla trota marmorata, da purezza genetica, rusticità e comportamento in canna estremamente sportivo ed entusiasmante. In questo lungo lasso di tempo, con il susseguirsi degli inverni durante i quali poter insidiare questo fantastico pesce, ho avuto modo di affinare la tecnica, stilare una mappatura dei vari siti, concepire gli artificiali più idonei ed individuare le situazioni ambientali più consone al miglioramento della percentuale di successi e all’incremento della mole delle prede. Per giungere agli aspetti pratici e tralasciare per il momento l’aspetto romantico di questo spinning pregno di tradizione e fascino, inizierò ad analizzare quali siano i luoghi adatti ad insidiare il nostro pregiato salmonide. Il teatro naturale nel quale pratico la mia pesca preferita è rappresentato dagli scenari meravigliosi dei grandi laghi del nord Italia; quindi Garda, Maggiore, Como ed Iseo, ma anche Idro, Orta e Novate Mezzola. Tutti bacini molto estesi dove ancora è presente l’originario ceppo autoctono di Salmo Lacustris, non ancora inquinato completamente dai geni delle trote di immissione massicciamente introdotte come pesci pronta-pesca nei bacini o nei loro tributari.
Badate bene, parlo di Lacustri geneticamente pure e non di fario “lacustrizzate”, adattatesi cioè al nuovo ambiente dove sono state introdotte. Queste trote infatti sono riconoscibili da alcune caratteristiche morfologiche che niente hanno a che spartire con il ceppo originario che viceversa vuole queste trote appartenenti alla ristretta cerchia dei pesci selvatici che rappresentano l’ultimo baluardo contrapposto all’invasione sempre più massiccia dei pesci alloctoni, così estranei ed alieni alle nostre acque. Saremo sicuri di aver catturato una vera “Trutta” come la chiamano i pescatori rivieraschi quasi ad identificare tale pesce come l’unica trota esistente degna di tale nome, quando avremo tra le mani un pesce muscoloso dalla struttura massiccia, con corpo tozzo e testa piccola munita di piccoli denti aguzzi anche sulla lingua, con pinne ventrali ed anale bordate di bianco, dorso scuro tendente al colore blu petrolio e fianchi argentei/dorati con le fatidiche macchie a forma di “x” presenti specialmente nella parte anteriore del corpo vicino alla testa, coda possente a profilo dritto e non lobato come le altre consorelle e in grado di esercitare forte propulsione; una ulteriore prova di autenticità sarà fornita da quella fine ed impalpabile polvere d’argento che il pesce ci lascerà sulle mani prima del doveroso rilascio e che altro non sono che le piccole argentee squame.
Sgombrato il campo da possibili equivoci, dedichiamoci ora alla descrizione dei siti solitamente frequentati nella stagione invernale da questi ombrosi salmonidi. Premettendo che tutti i laghi Prealpini offrono litorali estremamente eterogenei e con differenti caratteristiche ambientali, daremo la precedenza senza dubbio per la nostra ricerca a tutte le rive rivolte a nord e a tutte le zone in ombra; la Lacustre, essendo un pesce lucifugo e crepuscolare, rifugge la luce intensa e, nella stagione invernale, predilige peregrinare e cacciare nello strato d’acqua superficiale che con i venti periodici caratteristici dei laghi del nord risulta essere anche quello con la maggior percentuale di ossigeno disciolto, elemento indispensabile per l’attività predatoria del nostro pesce. Lanceremo con fiducia i nostri artificiali nelle cale digradanti e dalle spiagge sassose a fine granulometria, nonché dai litorali a picco su acque profonde, sfruttando anche le zone di entrata di fiumi e torrenti tributari, sempre da considerarsi tra gli spots più gettonati.
Anche le zone antistanti i piccoli porticcioli dove trovano riparo e svernano banchi di piccoli ciprinidi come alborelle in primis, ma anche gardons, i sempre più rari triotti e i piccoli cavedanelli, tutti pesci che rappresentano la dieta base del nostro predatore ittiofago. Strettamente correlati ai luoghi, sono da considerarsi le condizioni ambientali quali la luce, il moto ondoso, la pressione atmosferica e le sue variazioni e le temperature dell’acqua e dell’aria. Proprio per la mia lunga militanza, ho potuto riscontrare che alcuni di questi parametri si ripetono sistematicamente al verificarsi di una cattura. Considererei sicuramente il grado di luminosità come fattore prioritario abbinato alla presenza di un discreto vento che spira verso il litorale e ad una temperatura dell’acqua attestata tra i 5 e gli 8 gradi centigradi (mi riferisco ad una misurazione effettuata in superficie), unitamente ad una pressione atmosferica in calo, magari susseguente ad un lungo periodo di tempo stabile.
Le statistiche da me stilate in più di un trentennio mi dicono che le catture effettuate sono avvenute per un buon 80% sempre nei medesimi luoghi, in scarse condizioni di luminosità (alba-tramonto-cambi di luce-giornate coperte), in presenza di vento e magari sotto una coreografica precipitazione nevosa. Con ciò non posso escludere che in condizioni diverse da quelle descritte sia possibile catturare, ma il calcolo delle probabilità sarà sicuramente a favore se rispetteremo questi dettami. Quindi, riassumendo, le condizioni ottimali nelle quali effettuare un’uscita sono le seguenti: fascia oraria compresa dalle 12 fino all’oscurità, freddo intenso e cielo coperto, vento che spira verso riva, pressione atmosferica in calo, temperatura dell’acqua intorno al valore di 5 gradi centigradi e come ambiente una spiaggia sassosa a fine granulometria con fondale che digrada dolcemente verso il largo.


 Fissati questi caposaldi, passerei ad alcuni suggerimenti di carattere generale. Com’è facilmente intuibile, questa non è una pesca molto prodiga di catture e quindi esorto chi non è disposto a sopportare frequenti uscite a vuoto a fronte di qualche cattura di grande valore sportivo, ad orientarsi all’insidia di altri predatori meno impegnativi.
A chi fosse disposto viceversa ad affrontare spesso condizioni critiche (freddo intenso, pioggia, neve, vento, ghiaccio, ecc.) raccomando prima di tutto un abbigliamento tecnico leggero, traspirante ma estremamente caldo come una tuta termica a contatto con il corpo, una camicia in flanella, un pile sotto un giubbotto stop-wind in gore-tex, dei buoni pantaloni felpati e degli scarponcini con suola scolpita antisdrucciolo o degli stivaletti in gomma stringati (quelli usati dai cacciatori).
Un caldo copricapo in Tinsulate e un paio di guanti in pile completano il tutto. Per quanto riguarda l’attrezzatura vera e propria, elencherò ciò che personalmente utilizzo e con la quale mi trovo meglio nel praticare questo particolare tipo di spinning; uso un attrezzo da mt 2,40 (va bene anche una 2,70, dipende dalle proprie abitudini) con un range di lancio effettivo di gr 20/50 ed un line-rating di 20 libbre. Il grezzo deve essere scattante ed abbastanza rigido se intendiamo utilizzare come linea del semplice monofilo dello spessore mm0,25, più morbido e progressivo nel caso in cui imbobineremo un trecciato di spessore mm 0,15. Ho dato quindi anche delle indicazioni sul filo e allora partirei a descrivere il mulinello; si tratta di un bobina fissa di taglia 4000 con un rapporto di recupero non troppo veloce , bobina a gola larga per garantire un’ottima fuoriuscita delle spire e quindi eccellenti performances di lancio ed infine una frizione anteriore a regolazione micrometrica progressiva che non “strappi” e che mi metta al riparo da spiacevoli sorprese in caso di combattimenti con pesci di mole (con questo combo ho salpato Lacustri fino a 7 kg).
Da quando collaboro con l’Azienda Trabucco ed utilizzo attrezzature “Rapture”, mi trovo molto bene con la canna Inova in due sezioni da mt 2,40 con potenza di lancio effettiva 20/50 gr abbinata al mulinello SX-1 4000 con 7 cuscinetti a sfera ed uno a rulli per il line-roller ed un rapporto di recupero di 5.0:1 (79 cm per giro di manovella); questo combo si è sempre dimostrato all’altezza delle varie situazioni sia tecniche che ambientali (nello scorso dicembre mi ha aiutato non poco nella cattura di un luccio di 100 cm per 8,2 kg di peso facendo pienamente il suo dovere). Passiamo agli artificiali. Da sempre questo argomento è quello più amato dai lettori anche se spesso il successo di un lanciatore non dipende da esche miracolose ma piuttosto da una serie di adempienze precise che segnano la differenza e portano ad un alto grado di prestazioni. Mai come in questo caso però la scelta degli artificiali è molto importante ai fini delle catture. Personalmente faccio largo uso di minnowslipless (ho una vera e propria passione per questa categoria di minnow!) e ondulanti dalla forma allungata;  ho identificato nel peso di 28 grammi il valore ottimale dei lipless e quindi ho pescato il jolly quando ho saputo che “Rapture” produceva un lipless di questa grammatura e dalle prestazioni eccellenti, il Dexter appunto.
In pesca si è dimostrato imbattibile per il suo indice cx di aerodinamica raggiungendo nei lanci distanze da record ed essendo quindi in grado di “coprire”più acqua alla ricerca del nobile predatore pelagico; più acqua coperta = più possibilità di cattura! Dopo essere passato nel corso degli anni attraverso i vari steps naturali dell’evoluzione di un lanciatore, sono giunto ad un livello ottimale di soddisfazione facendomi costruire da abili amici artigiani alcuni minnows non reperibili in commercio le cui caratteristiche rispondevano pienamente alle mie esigenze; fino all’avvento del citato Dexter, un minnowlipless prodotto in serie di lunghezza 7,5 cm e ben 28 gr di peso con la possibilità di avere  otto colorazioni diverse caratterizzate da finiture olografiche ed occhi 3D oltre alla grande qualità ed affidabilità degli elementi di raccordo (split-ring) e delle armature.
Quando viceversa non mi è richiesto di raggiungere lunghe distanze, utilizzo volentieri il Trouter sempre di “Rapture”, un classico minnow con paletta direzionale ed assetto affondante di lunghezza 8,5 cm e 18 gr di peso; anche per questo artificiale sono previste 8 colorazioni e le medesime caratteristiche citate per il Dexter. Per ciò che riguarda gli ondulanti, ho avuto buoni riscontri utilizzando il Wind Rider Dressed sempre di “Rapture” da 21 e 28 gr in finitura argento/blu; si tratta di un ondulante molto massiccio pensato per lo spinning in mare ma ottimo anche per le acque interne insidiando aspi e trote, anch’esso in grado di raggiungere distanze importanti con la caratteristica di avere anche un ulteriore elemento di richiamo identificato in un teaser posizionato sull’ancorina di colore bianco/giallo.
Infine, per chiudere l’argomento “artificiali”, ricordo che per praticità di utilizzo connetto le mie lures alla linea principale mediante un piccolo ma robusto moschettone in acciaio inox che mi fornisce ampie garanzie di tenuta.
Una raccomandazione assolutamente  necessaria è quella di non arrendersi e di non scoraggiarsi anche se si faranno tante uscite a vuoto in quanto, come ho già sottolineato, questa è una pesca molto gratificante solo in termini qualitativi e non di quantità. Perseverare è un “must” indissolubile e crearsi una storicità ci aiuterà a vedere un po’ più chiaramente quando ci troveremo dinnanzi una grande estensione d’acqua senza apparenti punti di riferimento.Non dimenticate di mettere in tasca una macchina fotografica digitale per immortalare momenti unici che solo la pesca alla Lacustre in inverno è in grado di regalarci. Per ultimo, ma non certo per importanza, vorrei dedicare questo scritto alla memoria di un grande pescatore quale è stato Giorgio Brivio il quale fino dagli anni ‘70/’80 aveva descritto e dato indicazioni su questo tipo di spinning meraviglioso precorrendo i tempi; mi auguro veramente di cuore che da lassù egli continui a catturare splendide Lacustri e magari  sorseggi un buon bicchiere di cognac davanti un fuoco sorridendo sullla caducità delle cose terrene!















Nessun commento:

Posta un commento

Pescare nei laghi di Bertignano e Masserano (entrambi nella provincia di Biella)

Dal PDF (stranamente scaricabile) della provincia “” In provincia di Biella le acque gravate da vincoli particolari sono: ...