Silver Trout
Testo e
fotografie di Marco Altamura
Sono passati più di trent’anni da quando ventenne insidiavo
le mie prime Lacustri a spinning sul Sebino; la spensieratezza dei vent’anni e
l’entusiasmo tipico di quell’età non sono affatto cambiati e ancora oggi, dopo
tanto tempo passato a praticare questo specifico tipo di pesca, ci metto lo
stesso impegno e la stessa determinazione al fine di perfezionarne la tecnica e
migliorarne i risultati. Anche la stampa di settore agli inizi degli anni ’80
era agli albori nel trattare un argomento che fino ad allora era esclusivamente
di pertinenza di chi praticava la pesca professionale o al più la tecnica della
trotiera o molagna sui grandi laghi prealpini. Ricordo con un velo di tristezza
i primi articoli redatti sull’argomento dal compianto Giorgio Brivio, grande
estimatore ed antesignano di tale tecnica volta ad insidiare la “Regina degli
abissi”a spinning dalla riva. Fin da quegli anni infatti, Giorgio aveva intuito
che la possibilità di catturare Lacustri con la canna non era poi così remota.
Da allora fiumi di inchiostro sono stati versati, ma ne le mode passeggere, ne
le tendenze del mercato sono state in grado di scalfire minimamente il fascino
di questo spinning meraviglioso rivolto ad un pesce unico caratterizzato,
unitamente all’altro nostro glorioso endemismo rappresentato dalla trota
marmorata, da purezza genetica, rusticità e comportamento in canna estremamente
sportivo ed entusiasmante. In questo lungo lasso di tempo, con il susseguirsi
degli inverni durante i quali poter insidiare questo fantastico pesce, ho avuto
modo di affinare la tecnica, stilare una mappatura dei vari siti, concepire gli
artificiali più idonei ed individuare le situazioni ambientali più consone al
miglioramento della percentuale di successi e all’incremento della mole delle
prede. Per giungere agli aspetti pratici e tralasciare per il momento l’aspetto
romantico di questo spinning pregno di tradizione e fascino, inizierò ad
analizzare quali siano i luoghi adatti ad insidiare il nostro pregiato
salmonide. Il teatro naturale nel quale pratico la mia pesca preferita è
rappresentato dagli scenari meravigliosi dei grandi laghi del nord Italia;
quindi Garda, Maggiore, Como ed Iseo, ma anche Idro, Orta e Novate Mezzola.
Tutti bacini molto estesi dove ancora è presente l’originario ceppo autoctono
di Salmo Lacustris, non ancora inquinato completamente dai geni delle trote di
immissione massicciamente introdotte come pesci pronta-pesca nei bacini o nei
loro tributari.
Badate bene, parlo di Lacustri geneticamente pure e non di
fario “lacustrizzate”, adattatesi cioè al nuovo ambiente dove sono state
introdotte. Queste trote infatti sono riconoscibili da alcune caratteristiche
morfologiche che niente hanno a che spartire con il ceppo originario che
viceversa vuole queste trote appartenenti alla ristretta cerchia dei pesci
selvatici che rappresentano l’ultimo baluardo contrapposto all’invasione sempre
più massiccia dei pesci alloctoni, così estranei ed alieni alle nostre acque.
Saremo sicuri di aver catturato una vera “Trutta” come la chiamano i pescatori
rivieraschi quasi ad identificare tale pesce come l’unica trota esistente degna
di tale nome, quando avremo tra le mani un pesce muscoloso dalla struttura
massiccia, con corpo tozzo e testa piccola munita di piccoli denti aguzzi anche
sulla lingua, con pinne ventrali ed anale bordate di bianco, dorso scuro
tendente al colore blu petrolio e fianchi argentei/dorati con le fatidiche
macchie a forma di “x” presenti specialmente nella parte anteriore del corpo
vicino alla testa, coda possente a profilo dritto e non lobato come le altre
consorelle e in grado di esercitare forte propulsione; una ulteriore prova di
autenticità sarà fornita da quella fine ed impalpabile polvere d’argento che il
pesce ci lascerà sulle mani prima del doveroso rilascio e che altro non sono
che le piccole argentee squame.
Sgombrato il campo da possibili equivoci,
dedichiamoci ora alla descrizione dei siti solitamente frequentati nella
stagione invernale da questi ombrosi salmonidi. Premettendo che tutti i laghi
Prealpini offrono litorali estremamente eterogenei e con differenti
caratteristiche ambientali, daremo la precedenza senza dubbio per la nostra
ricerca a tutte le rive rivolte a nord e a tutte le zone in ombra; la Lacustre,
essendo un pesce lucifugo e crepuscolare, rifugge la luce intensa e, nella
stagione invernale, predilige peregrinare e cacciare nello strato d’acqua
superficiale che con i venti periodici caratteristici dei laghi del nord
risulta essere anche quello con la maggior percentuale di ossigeno disciolto,
elemento indispensabile per l’attività predatoria del nostro pesce. Lanceremo
con fiducia i nostri artificiali nelle cale digradanti e dalle spiagge sassose
a fine granulometria, nonché dai litorali a picco su acque profonde, sfruttando
anche le zone di entrata di fiumi e torrenti tributari, sempre da considerarsi
tra gli spots più gettonati.
Anche le zone antistanti i piccoli porticcioli
dove trovano riparo e svernano banchi di piccoli ciprinidi come alborelle in
primis, ma anche gardons, i sempre più rari triotti e i piccoli cavedanelli,
tutti pesci che rappresentano la dieta base del nostro predatore ittiofago. Strettamente
correlati ai luoghi, sono da considerarsi le condizioni ambientali quali la
luce, il moto ondoso, la pressione atmosferica e le sue variazioni e le
temperature dell’acqua e dell’aria. Proprio per la mia lunga militanza, ho
potuto riscontrare che alcuni di questi parametri si ripetono sistematicamente
al verificarsi di una cattura. Considererei sicuramente il grado di luminosità
come fattore prioritario abbinato alla presenza di un discreto vento che spira
verso il litorale e ad una temperatura dell’acqua attestata tra i 5 e gli 8
gradi centigradi (mi riferisco ad una misurazione effettuata in superficie),
unitamente ad una pressione atmosferica in calo, magari susseguente ad un lungo
periodo di tempo stabile.
Le statistiche da me stilate in più di un trentennio
mi dicono che le catture effettuate sono avvenute per un buon 80% sempre nei
medesimi luoghi, in scarse condizioni di luminosità (alba-tramonto-cambi di
luce-giornate coperte), in presenza di vento e magari sotto una coreografica
precipitazione nevosa. Con ciò non posso escludere che in condizioni diverse da
quelle descritte sia possibile catturare, ma il calcolo delle probabilità sarà
sicuramente a favore se rispetteremo questi dettami. Quindi, riassumendo, le
condizioni ottimali nelle quali effettuare un’uscita sono le seguenti: fascia
oraria compresa dalle 12 fino all’oscurità, freddo intenso e cielo coperto,
vento che spira verso riva, pressione atmosferica in calo, temperatura
dell’acqua intorno al valore di 5 gradi centigradi e come ambiente una spiaggia
sassosa a fine granulometria con fondale che digrada dolcemente verso il largo.
Fissati questi
caposaldi, passerei ad alcuni suggerimenti di carattere generale. Com’è
facilmente intuibile, questa non è una pesca molto prodiga di catture e quindi
esorto chi non è disposto a sopportare frequenti uscite a vuoto a fronte di
qualche cattura di grande valore sportivo, ad orientarsi all’insidia di altri
predatori meno impegnativi.
A chi fosse disposto viceversa ad affrontare spesso
condizioni critiche (freddo intenso, pioggia, neve, vento, ghiaccio, ecc.)
raccomando prima di tutto un abbigliamento tecnico leggero, traspirante ma
estremamente caldo come una tuta termica a contatto con il corpo, una camicia
in flanella, un pile sotto un giubbotto stop-wind in gore-tex, dei buoni
pantaloni felpati e degli scarponcini con suola scolpita antisdrucciolo o degli
stivaletti in gomma stringati (quelli usati dai cacciatori).
Un caldo copricapo
in Tinsulate e un paio di guanti in pile completano il tutto. Per quanto
riguarda l’attrezzatura vera e propria, elencherò ciò che personalmente
utilizzo e con la quale mi trovo meglio nel praticare questo particolare tipo
di spinning; uso un attrezzo da mt 2,40 (va bene anche una 2,70, dipende dalle
proprie abitudini) con un range di lancio effettivo di gr 20/50 ed un
line-rating di 20 libbre. Il grezzo deve essere scattante ed abbastanza rigido
se intendiamo utilizzare come linea del semplice monofilo dello spessore
mm0,25, più morbido e progressivo nel caso in cui imbobineremo un trecciato di
spessore mm 0,15. Ho dato quindi anche delle indicazioni sul filo e allora
partirei a descrivere il mulinello; si tratta di un bobina fissa di taglia 4000
con un rapporto di recupero non troppo veloce , bobina a gola larga per
garantire un’ottima fuoriuscita delle spire e quindi eccellenti performances di
lancio ed infine una frizione anteriore a regolazione micrometrica progressiva
che non “strappi” e che mi metta al riparo da spiacevoli sorprese in caso di
combattimenti con pesci di mole (con questo combo ho salpato Lacustri fino a 7
kg).
Da quando collaboro con l’Azienda Trabucco ed utilizzo attrezzature
“Rapture”, mi trovo molto bene con la canna Inova in due sezioni da mt 2,40 con
potenza di lancio effettiva 20/50 gr abbinata al mulinello SX-1 4000 con 7
cuscinetti a sfera ed uno a rulli per il line-roller ed un rapporto di recupero
di 5.0:1 (79 cm per giro di manovella); questo combo si è sempre dimostrato
all’altezza delle varie situazioni sia tecniche che ambientali (nello scorso
dicembre mi ha aiutato non poco nella cattura di un luccio di 100 cm per 8,2 kg
di peso facendo pienamente il suo dovere). Passiamo agli artificiali. Da sempre
questo argomento è quello più amato dai lettori anche se spesso il successo di
un lanciatore non dipende da esche miracolose ma piuttosto da una serie di
adempienze precise che segnano la differenza e portano ad un alto grado di
prestazioni. Mai come in questo caso però la scelta degli artificiali è molto
importante ai fini delle catture. Personalmente faccio largo uso di
minnowslipless (ho una vera e propria passione per questa categoria di minnow!)
e ondulanti dalla forma allungata; ho
identificato nel peso di 28 grammi il valore ottimale dei lipless e quindi ho
pescato il jolly quando ho saputo che “Rapture” produceva un lipless di questa
grammatura e dalle prestazioni eccellenti, il Dexter appunto.
In pesca si è
dimostrato imbattibile per il suo indice cx di aerodinamica raggiungendo nei
lanci distanze da record ed essendo quindi in grado di “coprire”più acqua alla
ricerca del nobile predatore pelagico; più acqua coperta = più possibilità di
cattura! Dopo essere passato nel corso degli anni attraverso i vari steps
naturali dell’evoluzione di un lanciatore, sono giunto ad un livello ottimale
di soddisfazione facendomi costruire da abili amici artigiani alcuni minnows
non reperibili in commercio le cui caratteristiche rispondevano pienamente alle
mie esigenze; fino all’avvento del citato Dexter, un minnowlipless prodotto in
serie di lunghezza 7,5 cm e ben 28 gr di peso con la possibilità di avere otto colorazioni diverse caratterizzate da
finiture olografiche ed occhi 3D oltre alla grande qualità ed affidabilità
degli elementi di raccordo (split-ring) e delle armature.
Quando viceversa non
mi è richiesto di raggiungere lunghe distanze, utilizzo volentieri il Trouter
sempre di “Rapture”, un classico minnow con paletta direzionale ed assetto
affondante di lunghezza 8,5 cm e 18 gr di peso; anche per questo artificiale
sono previste 8 colorazioni e le medesime caratteristiche citate per il Dexter.
Per ciò che riguarda gli ondulanti, ho avuto buoni riscontri utilizzando il
Wind Rider Dressed sempre di “Rapture” da 21 e 28 gr in finitura argento/blu;
si tratta di un ondulante molto massiccio pensato per lo spinning in mare ma
ottimo anche per le acque interne insidiando aspi e trote, anch’esso in grado
di raggiungere distanze importanti con la caratteristica di avere anche un
ulteriore elemento di richiamo identificato in un teaser posizionato
sull’ancorina di colore bianco/giallo.
Infine, per chiudere l’argomento
“artificiali”, ricordo che per praticità di utilizzo connetto le mie lures alla
linea principale mediante un piccolo ma robusto moschettone in acciaio inox che
mi fornisce ampie garanzie di tenuta.
Una raccomandazione assolutamente necessaria è quella di non arrendersi e di
non scoraggiarsi anche se si faranno tante uscite a vuoto in quanto, come ho
già sottolineato, questa è una pesca molto gratificante solo in termini
qualitativi e non di quantità. Perseverare è un “must” indissolubile e crearsi
una storicità ci aiuterà a vedere un po’ più chiaramente quando ci troveremo
dinnanzi una grande estensione d’acqua senza apparenti punti di riferimento.Non
dimenticate di mettere in tasca una macchina fotografica digitale per
immortalare momenti unici che solo la pesca alla Lacustre in inverno è in grado
di regalarci. Per ultimo, ma non certo per importanza, vorrei dedicare questo
scritto alla memoria di un grande pescatore quale è stato Giorgio Brivio il
quale fino dagli anni ‘70/’80 aveva descritto e dato indicazioni su questo tipo
di spinning meraviglioso precorrendo i tempi; mi auguro veramente di cuore che
da lassù egli continui a catturare splendide Lacustri e magari sorseggi un buon bicchiere di cognac davanti
un fuoco sorridendo sullla caducità delle cose terrene!
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