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12.15.2015

Arificiali Rapture ditta Trabucco

Uno, due, tre, ……Rapture !
Articolo e fotografie di Marco Altamura

Troppo spesso noi lanciatori, o almeno la maggioranza dei neofiti che praticano questa splendida disciplina, riponiamo le nostre speranze di successo nelle “magiche” proprietà dell’ultima canna o nell’ultimo modello di artificiale lanciato sul mercato dalla tal Azienda americana o dalla tal altra giapponese, dimenticando l’aspetto più importante per conseguire buoni risultati che è quello di osservare ciò che accade in natura e cercare di imitarlo con un approccio discreto ed il nostro “senso dell’acqua”. Capisco che risulta più facile e comodo incolpare l’inadeguatezza dell’attrezzatura adoperata così da farne l’unico capro espiatorio di tutti i nostri insuccessi, ma quasi sempre questo atteggiamento ci si ripercuote contro. Cercherò di spiegarmi meglio: se vado a pesca con un amico che cattura con continuità, in ogni condizione ambientale, in ecosistemi differenti e con artificiali diversi, dovrei giocoforza pormi alcune domande sul “perché” questo avviene; ciò che nessun negozio è in grado di venderci e nessun produttore di artificiali può fornirci è tutto quel bagaglio di esperienza di inestimabile valore maturata in riva ad un fiume piuttosto che sulle tranquille acque di un lago.
Questo, a mio parere, è il primo imprescindibile concetto da fare proprio e solo allora si potrà dare il giusto peso agli aspetti tecnici e alle attrezzature che il mercato ci mette a disposizione e che ci aiutano in modo considerevole ad essere più efficaci in pesca. Dopo oltre 45 anni di spinning in acque italiane e straniere insidiando tutti i predatori  e “rincorrendo” nelle terre del nord i più esotici salmoni sia dell’Atlantico che del Pacifico, posso tuttavia tranquillamente affermare che la giusta attrezzatura e la cura dei particolari possono migliorare e rendere ancora più piacevole e proficua la pratica della nostra disciplina preferita e farci fare quel salto di qualità che differisce un discreto pescatore da un vero campione, unitamente ad una buona dose di umiltà e disponibilità al cambiamento. E’ più che lecito ambire ad avere tra le mani una canna di qualità, un mulinello affidabile e degli artificiali catturanti, ma dovremo stare attenti e non farci attrarre da suadenti sirene esterofile  scevre da contenuti reali e riporre nelle attrezzature un’importanza eccessiva così da giustificarne i buoni o i cattivi risultati. Da sempre cerco, come testimonial di varie Aziende del settore pesca, di promuovere materiali dal know-how italiano, caratterizzati da quel misto di genialità, design ed efficienza che solo un prodotto nostrano è in grado di offrire. Fedele a questo credo che ho fatto mio, da qualche mese ho iniziato una collaborazione con l’Azienda Trabucco Fishing titolare del marchio “Rapture” e, facendo parte del “Rapture Pro Team”,ho avuto modo di testare alcuni materiali che la Casa di Bianconese produce per i lanciatori di tutto il mondo.
Come referente del settore ”trota” ho avuto tutto l’inverno a disposizione per apprezzare la canne da spinning della serie “Inova” riscontrandone le altissime performances nello spinning alla trota Lacustre, disciplina molto impegnativa anche per i mulinelli ( nella fattispecie la serie SX-1 ), conseguendo buone catture abbinate ad un grande piacere nell’uso di queste attrezzature. Con l’approssimarsi della bella stagione però, mi sono ripromesso di andare alla ricerca di qualche esemplare “impegnativo” che mettesse a dura prova i materiali e ne testasse l’affidabilità. Niente di meglio quindi di insidiare lucci e lucioperca a spinning e a jigging sul “mio” amato Lago  che in primavera è in grado di regalare catture veramente notevoli; l’idea è quella di usare come canna a due sezioni la “Intruder 802 MH” da mt 2.40 con range di potenza 15/40 grammi ed un line rating che va da 8 a 22 Lbs, attrezzo appositamente pensato per le applicazioni più gravose, talvolta portate ai limiti con la cattura di pesci di grande mole. Detto fatto, mi ritrovo nei pressi di un imbarcadero a me molto familiare che non mi ha mai tradito regalandomi lucioperca e lucci spesso sopra i 5 kg di peso con tra le  mani la citata canna alla quale ho abbinato il mulinello SX-1 4000 MD caricato con il trecciato Dyna Tex Spin X4 di colore verde nello spessore mm 0.16 al quale ho connesso uno spezzone di circa un metro e mezzo di fluorocarbon T Force XPS di spessore mm 0.28.
Il lago si presenta calmo e la giornata nuvolosa favorisce l’attività predatoria dei pesci che, dopo il lungo inverno, cercano qualcosa di sostanzioso da mettere sotto i denti; decido di iniziare con un crank per ispezionare a dovere il salto di profondità dove di solito si cela in agguato l’esocide, pronto ad uno scatto bruciante per impadronirsi di qualche ignaro pescetto. I lanci si succedono in sequenza fino a quando, in prossimità dei pali di attracco dei battelli, decido di richiamare l’artificiale facendogli sfiorare i pali stessi ed imprimendo lievi jerkate con il cimino atte a far spanciare il crank; quando questo ha quasi terminato la sua corsa ed inizio a scorgerlo riaffiorare dalle profondità, vedo anche dietro ad esso l’inconfondibile sagoma del luccio che a fauci spalancate si avventa sul povero Fargo e lo inghiotte con veemenza. Ferro prontamente e la Intruder deve sfoggiare tutte le sue qualità per contrastare le possenti fughe verso il fondo del pesce; nel mentre allento di poco la frizione del mulinello e cerco di tenere il pesce lontano dagli ostacoli che lo spot presenta. Fortunatamente il palettone dell’artificiale fuoriesce di qualche centimetro dalla bocca del luccio impedendo ai denti affilati di recidere il monofilo (non ho usato di proposito il cavetto in acciaio per non compromettere la corretta azione del crank).
Tramite uno scivolo in cemento raggiungo il livello dell’acqua e trascino su una piccola spiaggia la mia cattura; si tratta di un luccio alloctono, un Northern Pike, dal peso stimato intorno ai 3 kg che prima di arrendersi ha dato sfoggio a tutto il suo repertorio di funambolismi per riacquistare la libertà. Subito mi appresto a scattare qualche foto per immortalare il momento e, dopo averlo liberato dalla tenace presa delle ancore VMC, lo riossigeno e lo rilascio nel suo ambiente naturale. La giornata è iniziata bene e dopo circa un’ora di ulteriori lanci  effettuati con il Fargo decido di cambiare tecnica per cercare l’attacco di qualche grosso lucioperca; passo dallo spinning al jigging constatando la polivalenza della Intruder ( e la comodità di non dover cambiare canna ! ), e connetto al terminale in fluorocarbon un silicone da 3.4 inch (8.5 cm); si tratta di un Power Shad di colore “Smoke” che innesco su una Power Round Jigheads da 10 gr con amo n° 4/0. Lo spot presenta un fondale regolare costituito da sassi di media granulometria e qualche ostacolo rappresentato dai plinti in cemento dei pontili sui quali i perca amano sostare per dominare il territorio da una posizione sopraelevata. In passato qui ho realizzato diverse catture interessanti di pesci anche sopra i 6 kg di peso e pertanto l’attenzione e la concentrazione nell’ispezionare il fondale è massima. Il perca, anche quello di grossa taglia, si caratterizza per effettuare attacchi molto discreti e subdoli e quindi, per non andare incontro a spiacevoli sorprese, è buona norma al minimo accenno di trazione innaturale ferrare in maniera pronta e decisa avendo l’accortezza di allentare immediatamente la frizione nel caso si tratti di un grosso esemplare. Nel frattempo è uscito un sole brillante che rischiarando l’acqua non facilita certo l’azione di pesca ; questo predatore infatti ha principalmente un’attività crepuscolare o addirittura notturna e pertanto non ama la luce diretta del sole che lo rende apatico e poco attivo durante le giornate luminose.
La porzione di lago frequentata solitamente dai grossi lucioperca non da alcun risultato così decido di attendere che il sole scompaia dietro la montagna e porti lo spot in ombra; cambio il terminale che nel frattempo ha subito alcune piccole abrasioni dovute al contatto con gli ostacoli del fondo e ne connetto uno spezzone nuovo tramite un nodo doppio Albright. Ora sono pronto per riprendere la pesca e, finalmente, verso le ore 18 l’intero spot non è più illuminato dall’accecante luce solare. I primi lanci effettuati in diagonale mirano ad ispezionare il salto di profondità tanto amato dal predatore tigrato: la sensibilità della Intruder unita all’assenza di elasticità del combo trecciato-fluorocarbon mi permettono di “sentire” perfettamente i movimenti sul fondo del Power Shad che assolve egregiamente il suo compito tanto che, dopo uno dei tanti passaggi nella zona “calda”, percepisco in canna il tipico attacco del perca al quale faccio seguire una robusta ferrata che permette all’amo della jighead di penetrare nella coriacea bocca del pesce. Subito capisco che si tratta di un pesce di mole e, tramite la regolazione micrometrica della frizione dell’SX-1, gli concedo filo stando però attento a non farlo avvicinare ai pali di attracco; non si stacca dal fondo ed imprime possenti testate che non fanno altro che sottolineare la bontà dell’attrezzatura usata. Torno a regolare la frizione per non fargli guadagnare troppo filo e, dopo un paio di ripartenze da cardiopalma, lo vedo venire verso la superficie mostrandosi in tutta la sua maestosità. Distinguo nettamente il Power Shad saldamente posizionato sul lato destro della mascella e ciò mi tranquillizza abbastanza sul pericolo sempre presente di sgradite slamature.
Ora il problema è rappresentato dal salpaggio, visto che la mia posizione è sopraelevata rispetto al livello dell’acqua; sempre con il pesce in canna scavalco una ringhiera che delimita una terrazza di uno dei tanti ristoranti rivieraschi e non senza difficoltà guadagno la riva scoscesa in manufatto. Dopo alcuni minuti di pausa durante i quali il grosso pesce ha ripreso le forze, ora si scatena con sciacquii in superficie che mi fanno temere per la tenuta del terminale; fortunatamente riesco ad arginarne la forza e quando si porge su un lato capisco che il combattimento volge al termine. In precario equilibrio dovuto alla pendenza accentuata dello scivolo in cemento, lo trascino verso di me e con un movimento rapido e preciso infilo la mia mano sinistra nella porzione opercolare del pesce: questa presa infatti mi garantisce sicurezza nel salpaggio e, al contempo, non danneggia le branchie, organi vitali del perca. Con la mano sinistra impegnata nella presa opercolare e la destra che tiene la canna e contemporaneamente sorregge la pancia del pesce, ne ammiro tutta la bellezza; nel frattempo un gruppo di turisti ha assistito incuriosito e sorpreso a tutte le fasi del combattimento e subito ne approfitto per dare la mia fotocamera ad una coppia di inglesi che, tra il divertito e l’estasiato,  gentilmente mi scattano alcune foto.
Ora che lo tengo tra le mani riesco a stimarne un peso oltre i sei kg, spostando di fatto il limite fino ad allora raggiunto in quello spot. Sono visibilmente soddisfatto e penso di meritarmi una birra che consumo in un bar della zona. Mi rimane circa un’ora di luce e decido di cambiare posto; in soli dieci minuti di auto raggiungo un altro spot conosciuto in zona perché frequentato da lucioperca di buone dimensioni; la caratteristica di questo tratto di sponda è la presenza subacquea di un grosso tubo metallico sotto al quale i perca amano stazionare durante le ore diurne per poi uscire in caccia al crepuscolo.
Non è difficile nelle ore di luce intensa e quando il lago non presenta increspature dovute ai venti periodici, scorgere le sagome dei pesci sul fondo in atteggiamento passivo intenti a “digerire” il cibo che hanno mangiato durante la notte. Ora a causa della luce del crepuscolo questo non risulta agevole e quindi devo affidarmi alla sensibilità della canna per avvertire gli eventuali attacchi del pesce; in particolari giornate caratterizzate da cielo coperto ed assenza di vento, è molto divertente pescare “a vista” e vedere in diretta l’attacco dei perca ai nostri siliconi. Anche qui ho avuto modo di catturare pesci di assoluto rispetto e quindi fiducioso inizio la mia ricerca. Questa volta innesco sulla jighead un Power Shad nella nuova colorazione “Chartreuse ghost”, adatta alle situazioni di scarsa luce o acqua opaca, ed inizio lanciando l’insidia proprio nelle vicinanze del citato tubo. Procedendo verso la riva  a piccoli saltelli sul fondo scorgo molto bene lo shad dal colore brillante che cerca di scatenare l’aggressività dei pesci presenti in zona. Dopo una serie di lanci infruttuosi effettuati seguendo la sagoma dell’ostacolo subacqueo, inizio a pensare che questa volta lo spot di comprovata validità mi ha tradito; arrivato quasi a fine corsa di uno dei tanti lanci, quando ormai l’insidia si trova ad una profondità di una cinquantina di centimetri, vedo uscire da sotto il tubo una sagoma fulminea che afferra con decisione lo shad. Ferro e subito mi ritrovo in canna il pesce che con scuotimenti vigorosi del capo cerca disperatamente di liberarsi dall’inganno. Si tratta di un lucioperca di medie dimensioni, stimato attorno al chilo e mezzo di peso, che però a dispetto delle sua contenuta stazza, combatte energicamente deciso a vendere cara la pelle. Per non creargli eccessivo stress mi affretto a trascinarlo sulla riva e dopo averlo slamato ed avere scattato alcune foto, lo restituisco al suo ambiente.
Pienamente soddisfatto di come si è svolta la giornata, decido di porre fine alla battuta di pesca e raggiungo l’auto per il ritorno a casa. Durante il viaggio ho modo di ripensare ha quanto ho vissuto nelle ore trascorse al lago e provo maggior soddisfazione nel constatare l’efficacia di tutta l’attrezzatura da me usata; la consapevolezza di aver legato il mio nome ad un marchio vincente come “Rapture” mi incentiva e mi sprona a sperimentare situazioni nuove e a spostare sempre più in avanti i miei limiti. Mettere a disposizione di un’Azienda la propria esperienza maturata in anni e ricevere continue conferme sulla validità della scelta attuata è una soddisfazione che non ha prezzo! Ora non mi resta che lanciare nuove sfide affrontando ambienti diversi e problematiche differenti, sempre con la certezza di avere argomenti validi per uscirne vincitore.


12.14.2015

Artificiali Rapture Trabucco

Fast & Furious : all’ultimo respiro !
Testo e fotografie di Marco Altamura





Dopo circa un anno di uscite in pesca utilizzando i materiali della linea “Rapture” di Trabucco, posso dire di aver insidiato la quasi totalità dei pesci predatori che le nostre acque interne possono ospitare: ho iniziato con le argentee trote lacustri invernali dei laghi prealpini
per passare ai lucci ed ai cavedani primaverili, ai lucioperca dei laghi fino ai persici reali ed i bass estivi  non tralasciando le selvatiche trote fario dei riali montani e le ruspanti e nobili marmorate dei grandi fiumi di fondovalle. Di volta in volta ho potuto assaporare il sottile piacere di praticare la “nobile arte” impiegando sempre un’attrezzatura adeguata alle varie situazioni che mi si presentavano; così attingendo dalla vasta gamma di attrezzature ed artificiali disponibili nel catalogo Rapture sono passato dallo spinning ultra-light per insidiare le smaliziate trote dei ruscelli montani, allo spinning leggero rivolto ai persici ed ai cavedani di lago, allo spinning medio per i lucci, le trote lacustri ed i black bass fino allo spinning  decisamente impegnativo rivolto ai grossi lucioperca e lucci che hanno messo a dura prova tutto l’insieme canna-mulinello-trecciato-artificiale regalandomi giornate di puro divertimento.
Come è risaputo, la stagione più propizia però per praticare la nostra fantastica disciplina è sicuramente la fine dell’estate ed il passaggio all’autunno quando la natura cambia radicalmente abito e si prepara al lungo periodo durante il quale tutto l’ecosistema si appresta a far fronte alla stasi invernale; questo momento magico è scandito dal progressivo abbassamento della temperatura, soprattutto da una marcata escursione termica dal giorno alla notte, e dalle abbondanti piogge che riportano vita agli ecosistemi acquatici “assonnati” dalla canicola estiva. E’ sufficiente un abbassamento della temperatura dell’acqua di un paio di gradi per riportare in piena attività predatoria tutti gli abitanti acquatici che si affannano disordinatamente in una sorta di frenesia alimentare ad immagazzinare quante più proteine è possibile per far fronte al lungo ed avaro inverno. L’anno scorso proprio  questo periodo magico ha coinciso con l’inizio della mia collaborazione con Rapture e giocoforza mi ci è voluto un po’ di tempo per organizzarmi ed essere operativo al cento percento, prendendo man mano confidenza con le nuove attrezzature ed i nuovi artificiali, compromettendo  di fatto gran parte di questo meraviglioso periodo.
Quest’anno però mi sono preparato bene per affrontare  questo irrinunciabile appuntamento ed ho affilato le armi con la concreta speranza di capitare in una di quelle magiche giornate che settembre ed ottobre sanno regalare ai lanciatori. L’obiettivo è rappresentato dai black bass e dai lucci lacustri che ora più che mai si mettono in gioco pronti ad aggredire tutto ciò che possa placare il loro gagliardo appetito e che si dimostri così sfrontato da gravitare impunemente nel loro raggio d’azione.  La mia fedele Intruder 802 MH corredata dal sempre affidabile SX-1 4000 caricato con 100 mt di trecciato Dyna Tex Spin X4 mm 0,14 è pronta ed io mi appresto alla scelta del giusto spot. Alla fine opto per una porzione di litorale dove solitamente, con livelli idrici normali, non risulta facile l’accesso anche con i wader per l’elevata profondità dell’acqua; ora però, prima delle abbondanti piogge autunnali e a causa della lunga siccità estiva, questo luogo si presenta in una veste ottimale per essere affrontato anche a piede asciutto in quanto il lago è più di un metro sotto il suo livello altimetrico abituale.
Giungo sul posto circa alle ore quindici di un pomeriggio caratterizzato da un sole velato e la giornata lavorativa mi regala concrete chances di non trovare altri lanciatori in zona. Lo spot è caratterizzato dalla sempre gradita presenza di piante e tronchi caduti in acqua e di ciuffi di alghe acquatiche posizionati a macchia di leopardo su una porzione di litorale di circa cento metri.
Il fondale non è eccessivamente marcato salvo in un punto preciso, in corrispondenza di un manufatto  che sprofonda in acqua ad est dello spot stesso dove ho spesso catturato ottimi black operando con il jig. Sono presenti tutte le componenti ottimali che dovrebbero garantire una frequentazione costante sia di centrarchidi che di esocidi. Tra il trecciato e l’artificiale ho deciso di interporre uno spezzone di circa un metro e mezzo di fluorocarbon spessore mm 0,30 che dovrebbe mettermi al riparo anche in caso di catture di mole considerevole. Come artificiale inizio con un minnow ad assetto galleggiante di colore giallo intenso di lunghezza 125 mm per 14 gr di peso; si tratta del glorioso Tide nella versione EVO che mi consente di ispezionare a dovere tutta quella porzione di acqua che sommerge i rami della grossa pianta caduta anni fa a causa di un fulmine; rimango a lungo nella zona “strike” facendo lavorare il minnow a galla creando ora una scia ed ora fastidiosi sciacquii che dovrebbero irritare non poco i black presenti. Finalmente, dopo alcuni recuperi infruttuosi, lancio il mio Tide a mezza strada tra la fine dei rami sommersi ed una barca ormeggiata sotto la quale i bass amano sostare per poi tendere gli agguati alle loro prede. Due brevi colpetti di cimino ad animare il minnow a galla e l’acqua esplode in un fragoroso attacco top-water!
Dopo la ferrata la Intruder ammortizza a dovere e forzo il pesce al di fuori della zona dei rami sommersi; vedo il trecciato venire lentamente verso la superficie e poco dopo il pesce compiere uno spettacolare salto fuori dall’acqua rompendo il silenzio di quel luogo. Si tratta di un bass stimato attorno ai sei etti di peso che recupero abbastanza agevolmente e, dopo le foto di rito, rilascio al suo ambiente naturale. E’ solo l’inizio e la giornata si prospetta prolifica. Cambio artificiale ed estraggo dalle tasche del mio gilet un Bowed Minnow, artificiale tanto insolito quanto tremendamente efficace: si tratta di in lipless minnow di 110 mm di lunghezza per 11 gr di peso ( ne esiste anche una versione più piccola di 90 mm per 7 gr di peso ) ma con la peculiare caratteristica, se vogliamo anomala, di avere forma ricurva e l’ancora centrale posizionata sul fianco anziché in pancia. Grazie al suo buon peso, risulta facile raggiungere distanze importanti di lancio ed il suo recupero è quanto di più soggettivo ed eclettico possa esistere nell’ampio panorama degli artificiali da bass. La sua forma infatti gli conferisce sotto trazione dei movimenti imitanti un pesciolino in difficoltà che ora compie piccoli saltelli a pelo d’acqua ed ora si immerge atterrito dall’insidia del predatore di turno. Se in zona vi è un bass lo strike è assicurato!
Oltre alla sua efficacia, è anche un’artificiale molto divertente da impiegare anche solo semplicemente per apprezzarne le evoluzioni in acqua; così inizio a perlustrare la zona caratterizzata dalla presenza di alghe acquatiche ed al quarto passaggio il bass attacca con violenza. Il primo attacco va a vuoto, ma mantenendo la dovuta calma, il proseguo del recupero mi regala il secondo attacco, questa volta definitivo. E’ un bass di piccole dimensioni che compie diverse evoluzioni fuori dal suo elemento prima di arrendersi e lasciarsi trascinare a riva su un fianco. Foto veloce e via di nuovo in acqua. Visto l’alto tasso di adrenalina che questa lure sa infondere a chi la usa, decido di utilizzarla ancora e questa volta effettuo un lancio parallelo alla riva, tra la spiaggia e la pianta sommersa: non si può dire che la fortuna mi stia voltando le spalle perché in questo caso devo aver collocato l’artificiale proprio davanti al muso di un bass. Appena il Bowed tocca la superficie, l’acqua esplode in sciacquii e zampilli ed un gorgo fa scomparire l’esca: ferro prontamente e all’altro capo del filo si materializza un altro bass di circa mezzo kilogrammo di peso che con la testa fuori dall’acqua sembra “camminare” su quest’ultima avanzando verso riva nella classica maniera di combattere tipica di questo meraviglioso pesce.
Dopo essersi di fatto spiaggiato suo malgrado, lo afferro per la mandibola inferiore e lo immortalo per poi rendergli la libertà. Ho ancora una trentina di metri di litorale da sondare e la mia attenzione è catturata dal rumore di una chiassosa cacciata vicino ad un natante ormeggiato; dall’acqua mossa si può ipotizzare il tranquillo pasto di quello che molto presumibilmente è un grosso bass intento a fare il pieno di proteine. Il problema è che la distanza da riva rispetto a quanto descritto è notevole e non raggiungibile con i  tradizionali artificiali da bass. Ma, come si sa, il bisogno aguzza l’ingegno e d’un tratto mi ricordo di avere nel bagagliaio dell’auto un artificiale da mare che potrebbe risolvermi il problema: dopo pochi minuti sono di ritorno tenendo tra le mani un lipless di 125 mm di lunghezza per ben 21,5 gr di peso, il Deltacode, utilizzato principalmente in mare per la ricerca di grosse spigole, serra e barracuda. Conscio che non è proprio quel che si definisce una” bass lure” (considerando anche la livrea “marina”), in tutta fretta lo aggancio al moschettone e, grazie alle sue straordinarie doti aerodinamiche, lo proietto come un missile nei pressi della zona interessata dall’episodio della predazione. Purtroppo non avverto nessun attacco nei lanci a seguire e quando ormai penso di avere perso un’ottima occasione, il pesce compie un’altra fragorosa cacciata sulla quale prontamente lancio la mia insidia; l’attacco avviene molto velocemente e questa volta la ferrata è tempestiva ed energica, ed anche la mole del pesce è decisamente più interessante di quella delle catture finora effettuate, in linea con le potenzialità di questo spot.
La grande distanza dalla riva consente al grosso pesce di dare sfogo a tutto il suo variegato repertorio di acrobazie sia acquatiche che aeree e consente anche a me di godermi una bella cattura utilizzando un’attrezzatura che ne esalta le caratteristiche di strenue combattente. Dopo un lasso di tempo che noi lanciatori vorremmo non finisse mai, sono pronto per la presa mandibolare e per fotografare questa meraviglia, un bass che supera il kilogrammo di peso; scatto alcune foto cercando di non farmi prendere dall’emozione ( pesco da quasi mezzo secolo ma ogni volta che conseguo una cattura è come fosse la prima !!! ) e poi mi affretto a riossigenare in acqua il pesce provato dal prolungato stress della cattura. Infine lo vedo scomparire nelle profondità del suo lago e provo un sottile piacere. Nell’arco di questa uscita mi accorgo di aver trattato male un artificiale a me molto caro che mi ha consentito di conseguire risultati rilevanti: parlo dello spinnerbait, e anche se non rimane molto spazio per utilizzarlo decido di provarci. Opto per uno Sniper Single Blade con finitura Hot Tiger e paletta brunita, considerando l’alto tasso di luminosità della giornata. Lo scelgo pesante mezza oncia ( 14 gr ) e lo proietto coprendo a raggiera tutta la zona interessata dalle alghe acquatiche; in una di queste proiezioni verso le varie imbarcazioni ormeggiate avverto nel recupero una trazione innaturale e subito dopo “qualcosa” di vivo all’altro capo; capisco subito non trattarsi di un altro black ed infatti un piccolo esocide si manifesta ai miei occhi  contorcendosi su se stesso e dando continue testate nell’intento di liberarsi dall’inganno.
Vedo chiaramente il grosso amo ed il “trailer hook” ben piantati nella tagliente bocca del luccio e prevedo un rilascio non dei più agevoli; con una pinza a becco lungo lo libero dagli ami, lo riossigeno abbondantemente per poi rilasciarlo  rallegrandomi vedendolo ripartire a mille verso la libertà. Teoricamente lo spot ha offerto quanto era nelle sue potenzialità e non c’è più spazio per proseguire la pescata. Nel ritornare all’auto e nel riporre tutta l’attrezzatura, pian piano si fa strada nella mia mente, sorretto dalla voglia non ancora appagata di pescare, di tentare la cattura di qualche bella trota nel vicino fiume disposta ad apprezzare il mio menù. Questo pensiero inoltre trova un fertile terreno nella concreta convinzione che in questo periodo le trote sentono pressante l’istinto della riproduzione e risalgono a frotte le acque del grande fiume dalle fredde linfe rigeneratrici. Detto fatto, avendo ancora un paio d’ore di luce, mi dirigo in auto verso il luogo prescelto e, dopo aver calzato i cosciali, intraprendo il percorso che in dieci minuti a piedi mi conduce sulle rive del fiume.
Questo tratto dista dalla foce in lago circa tre kilometri che in autunno si trasformano in una sorta di autostrada per i salmonidi che risalgono fino ad ammassarsi ai piedi della prima grande rapida impegnativa; ed è qui che solitamente un considerevole numero di pescatori attendono questa migrazione proponendo ai pesci ogni sorta di insidia per catturarli.
Ovviamente la stragrande maggioranza di trote presenti   provenienti dal vicino lago sono grosse lacustri geneticamente pure che vanno poi a mescolarsi con le popolazioni stanziali di fario e marmorate. La grande differenza di temperatura dell’acqua rispetto a quella del lago, invoglia anche folte schiere di ciprinidi, esocidi e percidi a risalire il fiume fino alle prime rapide; questo consente di pescare in uno spot sempre ben popolato da pesci, sia predatori che prede. Inoltre, a favore delle regole non scritte della natura, questo luogo rimane impraticabile per parte della primavera e tutta l’estate a causa dello scioglimento delle nevi presenti in quota che intorbidiscono non poco le acque rendendole del tutto infruttuose e questo salvaguarda e mette al riparo l’intero ecosistema preservandolo da un eccessivo prelievo. Ora l’acqua è cristallina, il sole è basso all’orizzonte e sto attento a non proiettare le ombre lunghe in acqua per non allarmare i pesci presenti. Decido di iniziare aggredendo lo spot a monte con un cucchiaio rotante con paletta inserita direttamente sull’asse: lo Spinner MRT infatti per questa sua caratteristica, regge bene anche le forti correnti rimanendo in pesca anche nelle situazioni più estreme. Di solito se la trota è presente non tarda ad aggredire l’artificiale; non succede nulla e continuo ad affrontare lo spot lanciando trasversalmente la corrente e scendendo man mano di alcuni metri. Niente! Giunto ormai alla fine del correntone dove l’acqua degrada fino a circa trenta centimetri di profondità, decido di provare uno spoon facente parte delle novità Rapture per il biennio 2015/16; aggancio al moschettone la versione da 5 gr con finitura Silver Shinner ed inizio ad effettuare lanci a scendere che sondano il sottoriva. Intanto il sole si è eclissato dietro la montagna e tutto lo spot è in ombra. Dopo il lancio “accompagno” verso valle l’ondulante percependo le asperità del fondo direttamente in canna, facilitato soprattutto dal trecciato che ho in bobina; durante uno degli ultimi recuperi apparentemente identico agli altri seguo con la coda dell’occhio l’artificiale che per merito di un recupero lento e regolare viene verso di me. Giunto ad una decina di metri dalla riva, in una profondità di circa 50 cm, sono in grado di scorgerlo distintamente e all’improvviso riconosco subito dietro la sagoma inconfondibile di una grossa trota e ad occhio ne stimo il peso di circa tre kg; ormai non ho più molto spazio di recupero e il pesce non si decide ad aggredire. Con gesto fulmineo ed inaspettatamente scatta ed afferra l’artificiale davanti ai miei occhi rapiti lasciandomi attonito.
Dopo un brevissimo tempo di comprensibile stupore porto una ferrata fulminea e poderosa scatenando nel grosso pesce una reazione violenta e pericolosa per l’esito del combattimento: la ferrata a così breve distanza ha in parte compromesso la capacità di ammortizzare le sfuriate violente del pesce che ora tenta anche di compiere alcune capriole a pelo d’acqua. Devo prendere subito una decisione, così esco dall’acqua e indietreggiando porto il pesce in una spanna d’acqua, getto la canna in terra e letteralmente mi butto sul pesce che finalmente è tra le mie mani. Rimango estasiato dalla sua superba bellezza e finalmente realizzo che è solo mio! Si tratta di un’esemplare maschio di trota lacustre con un becco ricurvo a causa dell’approssimarsi della riproduzione e con grandi pinne ben sviluppate che rivelano la sua indole innata di grande nuotattrice pelagica. Davanti ai miei occhi ho 64 cm di argento vivo ! All’improvviso scorgo la presenza dietro di me di una donna con un bambino e ne approfitto per immortalare questo momento che chissà quante volte vorrò rivivere nei miei sogni più intimi. Le porgo la macchina fotografica e la invito ad effettuare alcuni scatti; dopo questo rituale  libero il pesce dall’artificiale, mi bagno bene le mani, lo riossigeno per circa cinque minuti e lo guardo scomparire nelle sue gelide acque. Ci sarebbe ancora luce per proseguire, ma sono più che soddisfatto così. Tornando all’auto penso che sono un uomo fortunato che fin da ragazzo ha imparato a gioire per queste cose. Oggi ho avuto la buona sorte dalla mia parte e in un pomeriggio ho catturato quattro bass, un luccio e soprattutto una trota di rara bellezza, un pesce “vero” che in un contesto di sofisticazioni in tutti i campi e a tutti i livelli, ha saputo farmi vivere ed apprezzare una contentezza d’altri tempi.

Pescare nei laghi di Bertignano e Masserano (entrambi nella provincia di Biella)

Dal PDF (stranamente scaricabile) della provincia “” In provincia di Biella le acque gravate da vincoli particolari sono: ...