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2.01.2016

In nome dello spinning (Intervista a Roberto Cazzola)

Premessa: E’ inutile nascondere la verità e quindi dico subito che io e Roberto siamo stati amici e ci siamo frequentati per un paio di anni prima di avere dei dissidi. Il tempo passa. L’età e quindi la saggezza di sessantenni quali siamo io e Lui ci ha portati alla riappacificazione.
Roberto è nato a  Mezzanino (PV)   il   4 agosto 1952 e risiede a      San Martino Siccomario (PV)    
Scrivere di Roberto ci vorrebbero fiumi di inchiostro visto la sua cultura nella pesca ma anche nei funghi e nella musica.

-Roberto vuoi incominciare a dire qualcosa di queste ultime due passioni visto che tanti pescatori sono anche fungaioli e molti amano la musica)


Studio i funghi da più di trent'anni. Non sono un bravo cercatore, perché il mio scopo non è strettamente collegato alla quantità della raccolta. Mi sono specializzato, perciò, nella determinazione delle varie specie. Ora come ora ne conosco qualche migliaio.
Quanto alla musica, ho fatto la professione per sei o sette anni, girando l'Italia in lungo e in largo.Sono iscritto alla SIAE da 25 anni e da poco ho ricominciato a comporre canzoni di vario genere, dai Pink Floyd, al rock, e qualche rara canzone in italiano. 

-Tu sei un autentico guru dello spinning e ti chiedo quando hai incominciato a pescare e se sempre a spinning o anche con altre tecniche.

Le mie prime belle catture sono state delle tinche di stagno, prese con canne di bambou e la polenta aromatizzata alla vaniglia come esca. Ma al primo avvistamento di una cacciata di un predatore, ho cambiato decisamente rotta, lanciandomi anima e corpo nello spinning. Grande infuenza su questa scelta ebbe anche la lettura degli articoli di Giandomenico Bocchi.


-Se stato un fondatore dello SpinnintgClub Italia. Ci racconti come è avvenuta la cosa

 Scusa se ti correggo, ma più che “un” fondatore, sono stato “il” fondatore dello Spinning Club Italia. Nell'autunno del 1980, in un bar di Cava Manara (PV), la Troika, ci siamo trovati in 9 , tutti amici pescatori convocati da me, e da lì è partito il tutto.

-Quando hai incominciato a scrivere per la stampa cartacea? Sempre è solo per l' Editoriale Olimpia? 

Ho cominciato nel 1976, all'età di 24 anni. Oltre che su riviste dell'Ed. Olimpia, ho scritto per qualche anno anche su Caccia & Pesca di Milano.

-Ti ricordi il tuo primo articolo quale fù?

Fu un semplice itinerario: La Valle dell'Aveto.

-Quante copie faceva mediamente mensilmente la defunta storica rivista PESCARE? Quando vi scrivevo io manco 20.000 copie.....

Non mi ricordo, sicuramente molte di più di quanto riescono adesso a vendere le poche riviste rimaste. (Una volta dicesti che vi avevano dato un premio per aver fatto 110.000copie di PESCARE)


-Hai anche scritto dei libri. Quali? Sono ancora reperibili in commercio?

Ho scritto 4 libri, che trattavano lo spinning al luccio, alla trota,  al cavedano e al black bass. Essendo tutti redatti dall'Ed. Olimpia, con il fallimento della stessa, si concluse anche la loro commercializzazione. Ora se ne trova qualche esemplare (così mi dicono) nei vari negozi o anche nei mercatini locali.




-Un giorno di molti anni un notissimo pescatore al colpo (di cui scrivo solo le iniziali cioè MM) e famoso articolista della rivista Pesca In mi disse che l' unico che ci abbia guadagnato a scrivere di pesca sei stato tu? E' vero? Se si' vuol dire che sei stato veramente un GRANDE!!! 


Questa è davvero bella! Non so cosa intendesse veramente MM, ma è riconosciuto da tutti che se c'è uno che non ha mai accettato di fare da testimonial a qualche ditta (anche un paio di multinazionali) sono proprio io. Se devo spiegarmi meglio, c'è stato chi per una canna o un pacchetto di esche in regalo si è letteralmente venduto. Io, ma lo sanno tutti quelli che mi conoscono personalmente, ho rifiutato contratti piuttosto importanti, per il semplice motivo che non mi soddisfaceva l'idea di vendere solo il nome e non le idee. In pratica, chi mi contattò voleva solo che firmassi qualche canna esistente, che poco o nulla aveva a che vedere con le mie idee al riguardo. Questa è la vera causa dei miei rifiuti.  


-Esperienze all' estero?

Poca roba. E anche qui c'è una spiegazione molto semplice : ho il terrore dell'areo! Per colpa di questa fisima, ho addirittura rifiutato quindici giorni in Nuova Zelanda a caccia di marlin. Ma trenta ore di aereo mi avrebbero ucciso... Sono comunue stato a pesca di salmoni nella penisola di Kola, in Russia, invitato dalla Rapala. E poi ho passato qualche giorno in Irlanda dal mio amico Pikepride. Tutti viaggetti di poche ore... (Scusa Roberto ma l' Austria non è estero? ci siamo stati assieme anche...)

-Hai anche molto ingegno e hai fatto delle invenzioni? 

Non credo che lo Spinning Club Italia rientri nelle invenzioni”. Comunque, partiamo dal “tunnel Cazzola”: un particolare posizionamento dei passanti che permette di ottenere circa il 10 % in più in lunghezza ad ogni lancio. Poi la “no-angle”, cioè un'azione particolare delle canne da spinning (anche questa non sarebbe da annoverare fra le invenzioni...), adottando la quale si ottiene una canna parabolica e rapida nel contempo. Molti pensano che “parabolico” significhi “molle”. La risposta a questi scettici è proprio l'azione “No-angle”. Invenzioni vere e proprie sono alcuni artificiali: il V-minnow (un minnow dallo scodinzolamento  velocissimo, super economico e velocissimo da costruire, fatto in foam e alluminio), lo “slow prop”, una sorta di rotante con un supporto che fa girare le palette a velocità bassissima, come nessun rotante in commercio riesce a fare . Poi il “rising rudd”, uno strano ondulante che scodinzola come un minnow. E poi il DBS (dryfly balance system), che permette di pescare a mosca, anche secca, con la sola attrezzatura da spinning. Mi sarò dimenticato senz'altro qualcosa...

-Incominciamo da quello strano "minnow" colle "ali"...lo hai inventato tu? Dicci qualcosa....

.
Se intendi i “propellers”, non li ho inventato io, si tratta di artificiali che gli americani impiegavano da tempi direi remoti, quasi un secolo fa. Io casomai ho preso l'idea e ne ho costruiti utilizzando semplici galleggianti già bell'e pronti. Po ho aggiunto elichette con un supporto che ne permette un vorticosià molto fluida, migliore per esempio del Dying Flutter della Heddon , forse il propeller più famoso.

-Passiamo alla famosa canna "tunnel" ci daresti una descrizione sommaria e del perchè l' hai progettata?

Il Tunnel Cazzola non è altro che un insieme di tre o quattro passanti ravvicinati, a seconda della lunghezza della canna, i quali formano un tunnel, appunto. Con questo ci si guadagna in distanza di lancio ma anche in precisione, perché adottandolo si standardizza il lancio.( Scusa roberto ma mi dicesti che vi erano gare di lancio cioè chi arrivava più lontano e vinceva sempre uno che aveva messo un imbuto appena dopo il mulinello per far raddrizzare subito le spire e da li' hai avuto l' idea...)

-La tua ultima invenzione o meglio innovazione quale è?




E' senz'altro il D.B.S. (cioé: Dryfly Balance System). Esercitando il DBS, si può pescare a mosca, e sottolineo anche secca, con la sola attrezzatura da spinning. Per cui, termini com e Black Gnat, Mayfly, Royal Coachman, sedge, plecotteri e tutto il resto, fino al 2010 (data in cui è nato lo spinfly DBS) appannaggio del solo fly fishing, sono ormai di uso comune anche fra i pescatori a spinning. Oltretutto, e questo particolare mi fa amare ancor più il DBS,  nel gruppo facebook  “D.B.S.  new fishing system born in Italy) su più di 1500 iscritti, il 90 % è  formato da giovanissimi. Il che ne conferma l'interesse per il futuro della pesca con artificiali.


Ringrazio Roberto e se è in accordo la prossima volta parliamo un pò di tecnica pura dello spinning.


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Il profilo Facebook di Roberto è


Il suo gruppo sempre in FB è “Lo spinning è emozione”


Il suo forum è


il suo canale You Tube



12.15.2015

Spinning in acque limpide

Una manciata di artificiali in acque di cristallo
Testo e fotografie di Marco Altamura




Avevo iniziato a testare le attrezzature messemi a disposizione da “Rapture” in pieno inverno, nella stagione cioè durante la quale risultava molto complicato effettuare catture da allegare sotto forma di foto alle relazioni stilate su canne, mulinelli e artificiali. Me l’ero cavata con qualche bell’esemplare di Lacustre, alcuni grossi cavedani ed un inaspettato luccio di grande mole; a dire il vero mi ero subito reso conto della qualità dei materiali in questione semplicemente tenendoli tra le mani, ma occorreva una prova documentata sul campo  per testimoniare quanto ampiamente e dettagliatamente trattato nei testi. Poi, con l’arrivo della bella stagione, ho avuto modo di effettuare ottime catture anche di grossi pesci che mi hanno permesso di fornire un ampio panorama fotografico di supporto alle relazioni ed agli articoli. A questo punto mi mancava  un test da effettuarsi in acque correnti alla ricerca di salmonidi utilizzando un’attrezzatura da “light spinning”; l’idea era quella di usare la nuova Delsol, una classica due sezioni di lunghezza mt 2.40 nel modello S 802 ML con potenza di lancio da 3 a 15 gr effettivi (1/8 – ½ Oz ) e un Line rating di  4–10 Lbs, adatta ad uno spinning da praticarsi con artificiali dal peso contenuto, sfruttandone la capacità di proiettarli a grandi distanze e, al contempo, di percepire ogni piccolo movimento degli stessi in acqua grazie alle doti di grande sensibilità e controllo. L’occasione mi si è presentata un sabato di maggio, quando cioè un forte temporale del giorno prima aveva innalzato il livello delle acque del fiume preso in esame per l’uscita, mettendo in attività predatoria le trote.
L’unico dubbio era rappresentato dal colore delle linfe che non dovevano risultare troppo opache, pena la scarsa visibilità da parte dei pesci nei confronti degli artificiali proposti. Dopo un rapido consulto su internet per apprendere come si sarebbe presentata la giornata dal punto di vista del meteo, decido di partire per la montagna e nel breve volgere di un’ora sono sul posto prescelto; purtroppo devo constatare che le acque sono grigiastre, molto più adatte ad una sessione di pesca con le esche naturali piuttosto che con gli artificiali. Ma tant’è e quindi opto per iniziare perlustrando una lunga spianata a corrente moderata con un ulteriore apporto d’acqua dovuto allo straripamento di un canale sovrastante. Questo posto in tanti anni di frequentazioni mi ha regalato belle catture di trote Fario e Marmorate, ma oggi la giornata è estremamente luminosa e ciò non depone a mio favore. I salmonidi sono pesci lucifughi, ovvero amanti della penombra, e con una grande luminosità rimangono al riparo negli anfratti del fondo per uscire in caccia solo la mattina presto e al crepuscolo. A mio favore però c’è il fatto che l’acqua alta e velata trascina a valle una grande quantità di alimento che le trote sono pronte a non farsi sfuggire.
Sono momenti questi che possono regalare anche catture eccezionali in termini di peso; in situazioni analoghe mi è capitato più di una volta di catturare la “Big”, quasi sempre una Marmorata del peso anche di 3/4 kg. Eccitato da questi pensieri inizio ad ispezionare la corrente utilizzando uno Spinner VB del numero 3 con paletta oro e punti rossi. L’artificiale entra immediatamente in rotazione appena tocca l’acqua e questa è una qualità indispensabile per un cucchiaio rotante quando si opera in acque correnti, considerando che il più delle volte l’attacco avviene durante i primi metri di recupero. Inoltre “tiene” bene anche le correnti moderate e, in una situazione come quella odierna di acque opache, può contare oltre che sul senso della vista dei pesci, anche sulle vibrazioni a bassa frequenza emesse dal corpo a campana, vibrazioni percepite dall’orecchio interno del pesce e dalla sua linea laterale, entrambi meccanismi molto complessi che facilitano la localizzazione delle prede. Proseguo risalendo il fiume ed ispezionando il sottoriva opposto con lanci mirati nelle zone d’ombra generate dalla vegetazione ripariale e, giunto nei pressi di un grande salto d’acqua che occupa tutta la larghezza del fiume, mi prodigo con lanci che sondano le correnti di ritorno situate ai bordi della cascata e finalmente ho modo di apprezzare la sensibilità e la prontezza di reazione della Delsol quando ferro in sequenza due trotelle di circa venticinque centimetri che attaccano con veemenza il rotante.
Niente a che vedere con la potenzialità che questo luogo può offrire e così, dopo una mezz’ora, decido di spostarmi con l’auto alla ricerca magari di qualche affluente dalle linfe cristalline. La mia scelta ricade su un tributario posto qualche chilometro a monte caratterizzato dalla forte pendenza che facilita lo scarico veloce delle onde di piena, riportando in breve tempo il livello idrico e la trasparenza dell’acqua a livelli ottimali. Ovviamente questo posto richiede un approccio del tutto diverso rispetto a come ho affrontato il fiume di fondovalle; qui l’ambiente è molto ristretto, l’acqua è limpidissima e lo spazio utile per ricevere l’attacco è molto limitato, ergo necessitano alcuni accorgimenti fondamentali per averne successo. Innanzi tutto è fondamentale affrontare il riale in risalita, bisogna inoltre porre molta attenzione nel non proiettare la propria ombra in acqua ed infine occorre essere estremamente precisi nel lancio perché qui più che in altri luoghi è assolutamente imprescindibile “mettere” l’artificiale nel punto esatto dove il salmonide staziona in attesa di cibo.
Anche parte dell’attrezzatura va adattata al luogo, iniziando dal mulinello che dall’SX-1 4000 FD passa allo stesso modello ma di taglia 2000 caricato con il solito trecciato Dyna Tex Spin X4 di colore verde nello spessore mm 0.10  con un terminale di circa settanta centimetri di fluorocarbon Fluo Spin dello spessore mm 0.181 connesso tramite un nodo” Doppio Albright”.Qui trovano la loro corretta applicazione artificiali di dimensioni e pesi contenuti come il “Trout Fry”, l’”Hot Bean”, l’”Hiroshi Minnow 50” e lo “Spinner VB”, veri gioiellini micidiali per questo tipo di acque. Con queste premesse inizio a risalire il riale affrontando i vari spot con l’Hot Bean che con la sua  paletta direzionale pronunciata è adatto a sondare le profondità delle piccole buche e dei salti d’acqua; la prima a farne le spese è una coloratissima Fario di 24 cm che si è “materializzata” dal nulla ed ha aggredito con insospettata ferocia il piccolo crank: veloce foto di rito e ritorno nelle spumeggianti linfe del suo riale. Ora risalendo incontro una spianata di circa venti metri dove l’acqua profonda circa cinquanta centimetri lambisce un muraglione di contenimento scavando alla base dello stesso interessanti rifugi per i salmonidi; decido di sondare lo spot accucciato presso il terreno per celarmi alla vista dei pesci e, dopo aver cambiato artificiale ed aver optato per il Trout Fry nella versione da 48 mm per 4.0 gr di peso, effettuo il lungo lancio ed attuo un lento recupero che parte da dove l’acqua spumeggiante genera la spianata per giungere proprio vicino alla mia postazione. Arrivato quasi a fine corsa, l’artificiale viene aggredito con fermezza da un’altra Fario uscita da sotto le fondamenta del muro citato: il poco filo in bando fa si che la trota si ferri da sola ed attui una strenua difesa fatta di salti e capriole fuori dall’acqua prima di arrendersi per la foto ed il meritato rilascio.
Continuando a risalire vedo molte trote, alcune anche di discreta taglia, fuggire impaurite dalla mia presenza compromettendo di fatto le possibilità di altre catture.  Intanto si è fatta l’ora di pranzo e scendendo verso valle incontro una vecchia Osteria nella quale è ancora possibile gustare piatti locali dal sapore antico. Non me lo faccio ripetere due volte e ne approfitto; le ore susseguenti non sono propizie a questo tipo di pesca così decido di togliere gli stivali, sedermi appoggiandomi ad un albero ed attendere che il sole descriva ombre più lunghe e mi consenta un approccio più credibile. Verso le ore sedici, rifocillato e riposato, decido di riaprire le ostilità con rinnovato entusiasmo ed inizio a risalire un altro affluente parallelo a quello del mattino; qui la pendenza è minore e sono più frequenti le cascatelle con annesse spianate in cui le trote trovano riparo lateralmente sfruttando le radici degli alberi e qualche manufatto di contenimento. Traggo molta soddisfazione dall’utilizzo del Trout Fry e dal suo movimento lento e sinuoso, capace di essere efficace anche in pochi centimetri d’acqua; amante come sono dei lipless, riesco a tirar fuori il meglio da questo artificiale che abbisogna, visto la mancanza del timone direzionale, di continue sollecitazioni impresse con il vettino della canna per animarlo a dovere ed avvicinarlo il più possibile alla figura di un pescetto dall’andamento incerto e pertanto più vulnerabile.
Identifico in una lenta correntina il luogo ideale per l’utilizzo di questo artificiale e, dopo il lancio, lo richiamo a favore di corrente alternando brevi scatti a soste anche di qualche secondo; proprio durante una di queste soste vedo “staccarsi” dal fondo una trota che con una fulminea virata afferra la parte posteriore del Trout Fry e riparte contro corrente. Corta ferrata di polso e mi ritrovo all’altro capo del filo uno spettacolo di colori: le Fario di questi ambienti hanno livree bellissime ed alcuni esemplari, rari a dire il vero, possono vantare nel patrimonio genetico la provenienza dal ceppo Mediterraneo, presente in Italia ormai in pochi paradisi sopravvissuti alle semine scellerate di materiale di dubbia provenienza tipiche degli anni ’80 e ’90. La Fario in questione, pur essendo del più rustico ceppo Atlantico, si fa ammirare per delle coloratissime macchie “parr” distribuite lungo tutta la lunghezza dei fianchi e tipiche degli esemplari giovani. Solita foto e via, di nuovo in acqua. Non ho ancora utilizzato uno dei miei artificiali preferiti, l’Hiroshi Minnow 50, e quindi risalgo alla ricerca di uno spot adatto a questo piccolo minnow.  Ne scelgo uno con fianchi oro , finitura a specchio e dorso nero ( goldayu ),
lo connetto al terminale con un nodo a gassa e sono pronto a sfruttarne le doti catturanti. Incontro un salto d’acqua di circa un metro di altezza sotto il quale la schiuma al centro lascia spazio ad invitanti ritorni di corrente laterali con anche zone ricoperte da vegetazione che rappresentano sicuri rifugi dai quali le trote tendono agguati agli incauti animaletti bentonici; proietto il piccolo minnow ai lati della cascatella e mentre nella parte sinistra dello spot non registro alcun attacco, sulla destra un’altra Fario non si fa sfuggire l’occasione di farsi uno spuntino! La Delsol risponde con prontezza e subito mi ritrovo in canna quella che poi si rivelerà la trota più bella della giornata. Si tratta di un pesce di circa trenta centimetri, una femmina dai colori chiari con punti di un rosso vivo e presenza di macchie “parr” sui fianchi. Ha aggredito l’artificiale in pancia ed è rimasta vittima dell’ancorina centrale; la adagio su una roccia e, dopo le foto, la rilascio nel suo torrente. Ora non mi rimangono molti spot a risalire perché il riale diventa sempre più piccolo; ricordo che un po’ più in alto vi sono ancora due salti d’acqua discreti e prima di riporre le armi voglio raggiungerli. Sostituisco l’Hiroshi Minnow e torno all’Hot Bean con finitura Silver per sondare bene la colonna d’acqua della prima cascatella; la sua innata tendenza a “tuffarsi” in profondità lo porta proprio davanti al muso di una Fario in attesa di cibo che manifesta subito di apprezzare il menù e attacca con decisione: breve combattimento, foto con l’esca in bocca ed immediato rilascio. Qualche decina di metri più a monte raggiungo l’ultimo spot pescabile e decido di affrontarlo con l’antesignano di tutti gli artificiali: il cucchiaio rotante. Prelevo da una tasca del mio gilet ( Pro Tech Pack ) il già citato Spinner VB con pala oro e punti rossi e lo connetto al terminale con l’ausilio di una piccola girella + moschettone per scongiurare fastidiose torsioni del monofilo. Il numero tre della serie in realtà è sovradimensionato per questo riale, ma decido comunque di utilizzarlo; lanci brevi e precisi mi consentono di essere efficace non appena l’artificiale tocca l’acqua e la perfetta rotazione della paletta mi regala l’ultima trota della giornata, un’altra Fario di 28 cm che catturata in un luogo così angusto si può a ragione considerare un’ottima cattura. Anche se non escludo la presenza di altre trote più a monte, ora non è più possibile proseguire per le esigue dimensioni e la scarsa portata d’acqua del riale.
Velocemente smonto l’attrezzatura, mi arrotolo gli stivali fino alle ginocchia, rubo un ultimo sguardo a quel paradiso e mi incammino in discesa fino a ritrovare l’auto che raggiungo dopo circa quaranta minuti.Anche se l’intenzione primaria era quella di pescare sul fiume principale, le circostanze mi hanno dato l’opportunità di trascorrere alcune ore in un luogo incantato dove ho assaporato il gusto di uno spinning dal sapore antico riproposto in versione attuale con l’utilizzo di attrezzature all’avanguardia nel rispetto delle tradizioni che la montagna sa offrire a chi ne apprezza fino in fondo la sua essenza. A consuntivo, posso ritenermi soddisfatto per le sei trote catturate in un contesto che ha messo a dura prova le attrezzature in primis, la strategia di un corretto approccio poi, e le doti fisiche necessarie per affrontare in sicurezza questi ambienti considerando che l’orologio del tempo cammina inesorabilmente e non concede deroghe a nessuno.

12.04.2015

Pesca a spinning con Marco Altamura

Prologo

Prima dell’ avvento di internet coi suoi forum, siti e blog di pesca si poteva leggere solo sulla carta stampata su riviste generalmente mensili; La prima fù Alieutica nata a fine 1958 e defunta nel 1969. In seguito le più seguite furono “Pesca In” ma ancor di più PESCARE dell’ editoriale Olimpia che arrivo a 110.000 copie mensili anche. Marchi,  Giannini,  Albertarelli,  Pragliola, G.D.Bocchi , R. Cazzola furono fra i principali scrittori assieme a tanti altri validi collaboratori   (e qualcuno non affidabile ad onor del vero) che hanno letteralmente scritto la storia della pesca sportiva in Italia fra cui io e Marco(Chissà se hanno mai pubblicato un articolo in un numero insieme?). Tutta la casa editrice che contava 15-20 riviste (pesca,caccia,francobolli, mumistatica, armi) oltre a un po’ di libri falli definitivamente il 3 gennaio 2012 dopo una serie di traversie avute dopo   la morte del proprietario cioè il signor Cacciapuoti lasciando un mucchio di debiti compreso gli emulomenti ai dipendenti e collaboratori. Io per fortuna li prendei tutti gli "sghei" visto che a causa di una malalingua lecchina che girava per la redazione di Firenze (La redazione di "Il Pescatore era a Milano) fui estromesso a metà 2008 dopo 8 anni anche se avevo oramai 50-60 pagine ingombro (testo+foto) annuali.

Dicci qualcosa di te Marco
Marco Altamura nato a Milano 54 anni fa e residente a Milano, architetto e pubblicista. Ho collaborato per oltre un ventennio scrivendo articoli sulla pratica dello spinning con diverse testate del settore pesca. Attualmente scrivo per alcuni blog di pesca e pagine FB. Ho iniziato a pescare nel lontano 1966 all’età di 5 anni con la canna fissa; seguivo mio padre e catturavo pesce bianco. Nel 1975 a 14 anni ho iniziato la mia storia di lanciatore e oggi, dopo 40 anni di spinning, posso definirmi un antesignano di questa splendida attività. A quei tempi bastavano una manciata di artificiali e si catturava tanto e di tutto: trote, persici, lucci, cavedani e black bass. Non c’era ancora l’invasione dei pesci alloctoni. Per la passione per lo spinning ho viaggiato molto sia in Italia che all’estero; avendo però una casa sulla sponda piemontese del lago Maggiore, frequento principalmente i bacini prealpini quali il Maggiore, l’Orta, il Mergozzo, il Varese, il Comabbio ed il fiume Toce con i suoi affluenti. Il Toce mi ha regalato bellissime catture del mio pesce preferito, la trota lacustre, che risale questo fiume e lo popola fino alla diga di Prata. Pesco anche nell’Anza e nell’Ovesca.

Come è la situazione nel compresorio delle acque del VCO (Verbano Cusio Ossola)?


Purtroppo ricordo i favolosi anni ’80 quando il Maggiore vantava uno stock ittico invidiabile: in primis tantissime alborelle che richiamavano ogni specie di predatore. Le catture erano abbondanti ed il divertimento assicurato. Poi in un decennio la situazione è precipitata improvvisamente a causa del prelievo indiscriminato di alborelle che venivano pescate con le famigerate bedine ( reti lunghe chilometri ) e vendute all’estero per la fabbricazione di mangimi per animali. L’avvento dei pesci alloctoni ( soprattutto gardons ) ha fatto il resto. Ricordo che all’inizio degli anni ’80 ero l’unico pescatore che praticava lo spinning nel lago di Mergozzo; insidiavo black bass ( l’esemplare da 2 kg era all’ordine del giorno! ),
BB a Mergozzo
trote lacustri ( il lago non era ancora inquinato geneticamente dalle immissioni scellerate di trote pronta-pesca di dubbia provenienza ), lucci e persici reali.

Posso tranquillamente affermare di essere stato il primo lanciatore a fare uso delle antesignane esche in gomma provenienti dagli Usa con risultati facilmente immaginabili. Per quanto riguarda il Cusio, dopo l’operazione di “liming” effettuata alla fine degli anni ’80, questo lago è rinato a nuova vita e si è ritornati a catturare pesci fino ad allora completamente estinti: in primis persici reali, ma anche trote, lucci e ultimamente anche lucioperca.

Quale è la tua acqua preferita?
Il Toce è senza dubbio il mio corso d’acqua preferito per la presenza contemporanea dei due nostri endemismi più pregiati, la trota marmorata e la trota lacustre; lo frequento dalle sorgenti alla foce in lago. Non è un fiume molto prodigo di catture, ma sa regalare pesci unici per bellezza e purezza genetica.
Esperienze all’ estero?
La mia vera passione è il salmone e precisamente quello dell’Atlantico ( Salmo Salar);  in Europa l’ho pescato in diversi Paesi quali Inghilterra, Scozia, Irlanda, Svezia, Norvegia e Finlandia. La pesca del salmone Atlantico è quanto di più affascinante esista ed il pesce oppone una strenua difesa fatta di evoluzioni aeree e di fughe che sprigionano una potenza in canna senza pari. Sicuramente il mio pesce preferito, seguito a distanza dalle nostre trote lacustri che gli assomigliano sia morfologicamente che caratterialmente.

Nylon, trecciato o nano fil?
Apprezzo la qualità e le caratteristiche dei moderni trecciati in Dyneema e li abbino a canne piuttosto “morbide” con azione parabolico-progressiva; quando pesco la trota di lago però sono solito usare il monofilo abbinato ad una canna più scattante con una marcata azione di punta. Il Nanofil non mi convince del tutto.
Le tue esche preferite?
Nella pratica dello spinning utilizzo tutto ciò che il mercato mi mette a disposizione anche se ho una predilezione per i minnow ( affondanti, suspending e galleggianti ) con i quali affronto tutti i predatori. Per la pesca alla trota lacustre preferisco usare i minnow lipless ( senza paletta direzionale ) e gli ondulanti a forma allungata che mi consentono lanci lunghissimi con la possibilità quindi di sondare una grande massa d’acqua. I cucchiai rotanti li uso molto in torrente e fiume per insidiare le trote ed in lago per i persici reali. Considero lo spinnerbait un vero jolly per la pesca del black bass ma lo utilizzo spesso anche per insidiare il luccio. Anch’io sono stato contagiato dalla “rivoluzione morbida” ed utilizzo le soft bait in torrente per le trote ed in lago per lucioperca, persico reale e luccio.

Come vedi la diffusione di tutti questi termini e metodi pesca  anglofoni diffusi come novità ? Personalmente 40 anni fà alle lanche di Cascinazza caratterizzate di molteplici caneletti di 2-3 metri di larghezza mi avevano insegnato lo jo-jo con semplici rotanti….adesso mi pare lo chiamano “flipping”

Secondo me siamo stati troppo contagiati anche dalla terminologia anglofona; se penso che più di 30 anni fa catturavo black bass da capogiro con rotanti ed ondulanti mi viene da sorridere al solo sentire questi termini. La specializzazione portata al parossismo, come tutte le cose esagerate non funziona; lo spinning è fatto di pochi e semplici concetti.
Come giudichi la Convenzione Italo-elvetica (http://www.cispp.org/)che per chi non lo sapesse emana leggi di pesca nelle acque in comunione colla Svizzera e perciò il pescatore deve attenersi a quelle leggi e non alle leggi italiane o svizzere. Dette acque sono i laghi Maggiore e di Lugano e il fiume Tresa.

Ho potuto toccare con mano che sul Maggiore e sul Ceresio, dove vige la convenzione italo-elvetica per la gestione delle acque, qualche pesce in più è possibile incontrarlo anche se la maggioranza delle semine fatte dagli svizzeri staziona in acque elvetiche. Secondo me la pesca in generale è diventata troppo cervellotica e complicata in queste zone: per pescare sul Maggiore in provincia di Novara vige un diverso regolamento ed una diversa tassa da quelli necessari per pescare nel VCO e questo non facilità certo le cose. Tra un po’ saremo costretti a farci accompagnare a pesca  da un legale per interpretare correttamente i regolamenti vigenti.

Il pesce che sogni di catturare?
Direi che la maggior parte dei pesci sportivi delle acque dolci temperate li ho catturati. Piuttosto diciamo che mi piacerebbe catturare ( anche se di dimensioni più contenute ne ho catturati molti ) un Salmo Salar alias salmone atlantico delle coste nord-orientali del Canada ( Quebec ), dove questo pesce può raggiungere facilmente i 20 Kg di peso e più.
Agone a spinning...una rarità
Un consiglio per i giovani
Il consiglio che mi sento di dare a chi si avvicina a questa splendida disciplina è quello di praticare il proprio sport con passione e dedizione totali nel rispetto dell’ambiente e degli altri pescatori e soprattutto di non sentirsi mai “arrivati”, fare tesoro delle esperienze fatte sul campo e porsi continuamente degli obiettivi. La mia grande passione mi ha portato a diventare un perfezionista attento anche ai più piccoli ( apparentemente! ) dettagli; solo così si può crescere ed arricchire il proprio bagaglio di esperienza. In quest’ottica la cattura assume una valenza quasi secondaria, non più unico e solo scopo ma la diretta conseguenza di una serie di step ben eseguiti. Il difficile non è fare una cattura eccezionale, questo può accadere a chiunque: il difficile è catturare sempre ed in ogni ambiente con continuità e regolarità e MAI casualmente

Video in https://www.facebook.com/marco.altamura2/media_set?set=vb.1851903078&ty









12.03.2015

SniperBlade

Di Marco Altamura





PARTE PRIMA

Non vi è dubbio che attualmente il panorama degli artificiali da spinning sia pressoché infinito ed, escludendo poche eccezioni, la maggior parte dei lanciatori fa fatica a capire nella sua vera essenza questa moltitudine di proposte. Sono lontani gli anni in cui i pionieri di tale tecnica effettuavano le proprie uscite con in tasca una manciata di artificiali che consistevano in rotanti, ondulanti o, al più, i primi minnow che iniziavano a comparire nei negozi di articoli da pesca.
Nell’era della specializzazione portata al parossismo, siamo giunti ad acquistare artificiali super-specialistici rivolti ad un unico tipo di predatore e magari ad una determinata condizione logistica di utilizzo. Tutto ciò appare ancora più sorprendente se si pensa che alla fine degli anni ‘70/inizio anni ’80 catturavo sistematicamente blackbass da capogiro con rotanti e ondulanti insieme agli antenati delle esche siliconiche provenienti dagli Stati Uniti ! Poi, con l’avvento del boom dello spinning registrato negli ultimi vent’anni, gli artificiali a nostra disposizione sono aumentati vertiginosamente e proporzionalmente sono purtroppo diminuiti i pesci e la loro taglia.
Se a ciò aggiungiamo anche che i pesci si sono assuefatti a veder transitare innanzi a loro questi strani oggetti che sembrano provenire da un pianeta alieno, giungiamo a  comprendere quanto sia difficile ai nostri giorni effettuare catture degne di nota con regolarità nonostante le tecnologie a disposizione si siano sempre più affinate. Chissà poi perché, inoltre, ognuno di noi ha sviluppato una sorta di vera e propria idiosincrasia nei confronti di una categoria di artificiali tanto da ignorarne le potenzialità annullandone l’utilizzo e le doti catturanti. Questo è quanto è successo anche a me con un’artificiale appartenente alla famiglia delle WireBaits, lo spinnerbait appunto, mai preso seriamente in considerazione e ingiustamente snobbato per il suo aspetto “stravagante”.
Molte volte la volontà di raggiungere buoni risultati anche con attrezzature non proprio ottimali (almeno secondo il nostro personalissimo giudizio!), ci porta ad intraprendere percorsi forzati e così, una decina di anni orsono, mi sono imposto di utilizzare unicamente tale categoria di artificiali nelle mie battute di pesca e, progressivamente, sperimentando e sfruttandone le potenzialità, sono giunto al punto di non poterne più fare a meno ed oggi gli spinners occupano un posto primario nelle mia tackle box. In realtà il corretto utilizzo degli spinnerbaits non è dei più semplici in quanto ogni modello e ogni categoria risulta adatta ad una specifica situazione sia atmosferica che logistica. Analizzando gli elementi che compongono lo spinner, possiamo notare che i poli di attrazione sono costituiti, da una parte dalle pale (siano esse willow, indiana o colorado) e dall’altra dalla testina in tungsteno o in piombo con relativo skyrt in materiale vinilico; vi è una stretta correlazione tra questi due componenti al fine di apparire al pesce come un’insieme che riconduca a un piccolo branco di pesci foraggio in fuga.
Almeno questa è la teoria più accreditata. Le pale e lo skyrt esplicano un’azione percepita dagli organi visivi , dalla linea laterale  e dall’orecchio interno del pesce che vede il colore d’insieme e “sente” le vibrazioni prodotte dalle pale. Per quel che riguarda l’armatura, l’amo rappresenta l’ideale continuazione del filo armonico che costituisce la struttura dell’intero artificiale; la sua dimensione è direttamente proporzionale al resto dei componenti. Con tali caratteristiche questo artificiale risulta essere uno tra i più efficaci quando si tratta di pescare nello “sporco”, come all’interno di strutture quali piante, erbai, ninfee , legnaie e qualsiasi altro ostacolo sommerso.  Queste doti di anti-alga per antonomasia lo rendono il principale protagonista di catture “impossibili” di pesci di taglia laddove tutte le altre insidie risultano infruttuose. Vediamo ora di tracciare un vademecum di massima per un corretto utilizzo di questo straordinario artificiale; nell’analizzare le varie situazioni che si possono prospettare, va subito detto che un alleato insostituibile per questo tipo di insidia è senz’altro rappresentato dal vento. Questo elemento atmosferico è riconosciuto da noi pescatori come una presenza spesso fastidiosa nella pratica della nostra attività preferita; ebbene, utilizzando gli spinners il vento diventa l’elemento fondamentale per realizzare catture degne di nota.
Quando lo specchio d’acqua presenta un moto ondoso apprezzabile, non esiste nulla di meglio per scatenare l’aggressività del bass (e non solo!) e indurlo all’attacco di uno spinnerbait recuperato abbastanza velocemente appena sotto il pelo dell’acqua. Solitamente in queste situazioni mi affido ad uno spinner del peso di mezza oncia (14 gr) con doppia pala willowleaf se il vento è moderato, oppure un modello finesse più leggero se è poco più di una brezza che increspa la superficie. Per tutte le tipologie di questi artificiali sono solito utilizzare un trailer-hook che mi mette al riparo da spiacevoli sorprese nel caso di abboccate “corte” oppure nel caso tutt’altro che remoto di attacco di un luccio.



PARTE SECONDA
Questo tipo di approccio definito “powerfishing”, permette di perlustrare in breve tempo grandi quantità d’acqua e risulta micidiale quando i pesci si dimostrano attivi. Per facilità di comprensione ed anche per efficacia riscontrata sul campo, prenderò come esempio gli artificiali prodotti dall’italiana “Rapture” di Trabucco con la quale collaboro da ormai più di un anno. L’Azienda di Bianconese, per la tecnica appena descritta, produce l’ottimo SniperBlade sia single che double blade che prediligo nella versione con pale di tipo willow e skyrt in morbido silicone.
Una valida alternativa se il vento è forte è rappresentata dai modelli Single Blade, capaci di emettere forti vibrazioni irresistibili per i bass in caccia e di opporre minor resistenza in trazione.Provare per credere! Se viceversa dobbiamo affrontare una situazione ambientale diametralmente opposta come quella di pescare in acque piatte e di ricerca negli strati d’acqua intermedi, mi affido ai modelli DuobleBlade costruiti con filo armonico in acciaio a differente densità, ultra flessibile sul braccio e più rigido sul resto dell’armatura. Questispinner risultano perfettamente bilanciati, sono dotati anch’essi di skyrt in silicone  e nella versione double willow da 3/4 di oncia (21 gr) si comportano ottimamente quando adottiamo un recupero che gli americani definiscono “Bump the stump”, quando cioè risvegliamo l’aggressività del predatore facendo cozzare l’artificiale contro gli ostacoli del fondo. Per questo tipo di ricerca sono solito optare per le finiture White Chartreuse e Bolsena Shad.

Altra situazione molto redditizia sia per il bass di taglia , che per il luccio e per il lucioperca, è rappresentata dall’utilizzo dello spinner da ¾ di oncia da far lavorare a stretto contatto del fondo con un recupero lento e costante in spot con profondità marcata; questo tipo di recupero definito  come “Slow Rolling” è da preferire in situazioni di acqua fredda di inizio stagione o di ricerca del pesce di taglia nel pieno della stagione fredda. In questo caso sarà più che probabile l’incontro con il luccio ed il lucioperca, quindi il trailer-hook dovrà essere proporzionato all’amo principale e comunque essere di generose dimensioni. I modelli citati sono in grado di coprire tutte le svariate situazioni che possiamo incontrare in pesca in qualsiasi stagione e con qualsiasi tempo atmosferico grazie alle diverse finiture e ai differenti libbraggi. A differenza di quanto fanno molti bassmen, io preferisco non applicare alcun tipo di trailer che, se per i jig risulta essere indispensabile per una corretta presentazione, negli spinnerbait finisce per modificarne l’assetto e quindi il corretto funzionamento in acqua.
Per quel che riguarda la finitura delle pale, queste potranno avere colorazioni e lavorazioni diverse (bronzate , silver, gold o martellate); per questa scelta ci si affida essenzialmente alla luminosità del cielo, alle convinzioni personali acquisite nel tempo ed alla limpidezza dell’acqua. Io trovo un giusto mix l’utilizzo della doppia pala  silver liscia, ma in merito non ci sono regole ferree. C’è poi l’eterna questione che vede schierarsi una gran parte di lanciatori (per la maggior parte i bassmen) a favore dell’utilizzo della canna da casting con il mulinello a bobina rotante a scapito del classico combo canna da spinning-mulinello a bobina fissa.
Personalmente riconosco ed apprezzo le peculiarità di un combo da casting nel recupero di artificiali che oppongono una forte resistenza alla trazione come gli spinner, pur tuttavia non disdegno (essendo uno spinningofilo che ama insidiare molte specie di predatori e non solo il bass), l’utilizzo per questa tecnica di una classica mt. 2,40 con azione “M” come la gloriosa Intruder con potenza di lancio 15/40 gr abbinata ad un robusto ed affidabile mulinello taglia 4000 caricato con un trecciato da 20 Lbs connesso ad un terminale in fluorocarbon da mm 0,30 tramite un nodo “All Albright” bene eseguito.
Anche se la letteratura alieutica in proposito suggerisce di connettere il terminale all’artificiale senza l’utilizzo di minuteria di raccordo, io preferisco prendermi la licenza di utilizzare un piccolo ma robusto moschettone in acciaio che mi facilita un veloce e pratico cambio di artificiale pur concedendo ad esso un movimento corretto a 360°. Ho voluto parlare di questi artificiali perché ritengo che, ad esclusione di chi insidia unicamente il nostro amico centrarchide, le sue potenzialità siano ancora ignorate dalla maggioranza dei lanciatori. Solo provando e facendo esperienza si potrà disporre di un vero e proprio asso nella manica quale è lo spinnerbait, pronto a ribaltare a nostro favore le nostre battute di pesca. Ricordo inoltre che Rapture può vantare a catalogo cinque differenti combinazioni di finitura testina-pala-skyrt nella doppia versione single e double blade; inoltre sempre facenti parte delle WireBaits figurano in collezione anche lo SniperBuzzer capace, grazie alle sue due palette metalliche contro-rotanti, di spostare una grande massa d’acqua e l’UmbrellaRig, l’imitazione più realistica di un branco di pesce foraggio formato da una testina da cui si diramano cinque braccioli in acciaio terminanti con girelle e moschettoni alle quali poter connettere soft swimbaits, worms, grubs, jig heads o piccoli spinnerbaits

Pescare nei laghi di Bertignano e Masserano (entrambi nella provincia di Biella)

Dal PDF (stranamente scaricabile) della provincia “” In provincia di Biella le acque gravate da vincoli particolari sono: ...