Uno, due, tre, ……Rapture !
Articolo e
fotografie di Marco Altamura
Troppo spesso noi lanciatori, o almeno la maggioranza dei
neofiti che praticano questa splendida disciplina, riponiamo le nostre speranze
di successo nelle “magiche” proprietà dell’ultima canna o nell’ultimo modello
di artificiale lanciato sul mercato dalla tal Azienda americana o dalla tal altra
giapponese, dimenticando l’aspetto più importante per conseguire buoni
risultati che è quello di osservare ciò che accade in natura e cercare di imitarlo
con un approccio discreto ed il nostro “senso dell’acqua”. Capisco che risulta
più facile e comodo incolpare l’inadeguatezza dell’attrezzatura adoperata così da
farne l’unico capro espiatorio di tutti i nostri insuccessi, ma quasi sempre
questo atteggiamento ci si ripercuote contro. Cercherò di spiegarmi meglio: se
vado a pesca con un amico che cattura con continuità, in ogni condizione
ambientale, in ecosistemi differenti e con artificiali diversi, dovrei
giocoforza pormi alcune domande sul “perché” questo avviene; ciò che nessun
negozio è in grado di venderci e nessun produttore di artificiali può fornirci
è tutto quel bagaglio di esperienza di inestimabile valore maturata in riva ad
un fiume piuttosto che sulle tranquille acque di un lago.
Questo, a mio parere,
è il primo imprescindibile concetto da fare proprio e solo allora si potrà dare
il giusto peso agli aspetti tecnici e alle attrezzature che il mercato ci mette
a disposizione e che ci aiutano in modo considerevole ad essere più efficaci in
pesca. Dopo oltre 45 anni di spinning in acque italiane e straniere insidiando
tutti i predatori e “rincorrendo” nelle
terre del nord i più esotici salmoni sia dell’Atlantico che del Pacifico, posso
tuttavia tranquillamente affermare che la giusta attrezzatura e la cura dei
particolari possono migliorare e rendere ancora più piacevole e proficua la
pratica della nostra disciplina preferita e farci fare quel salto di qualità
che differisce un discreto pescatore da un vero campione, unitamente ad una
buona dose di umiltà e disponibilità al cambiamento. E’ più che lecito ambire
ad avere tra le mani una canna di qualità, un mulinello affidabile e degli
artificiali catturanti, ma dovremo stare attenti e non farci attrarre da
suadenti sirene esterofile scevre da contenuti
reali e riporre nelle attrezzature un’importanza eccessiva così da
giustificarne i buoni o i cattivi risultati. Da sempre cerco, come testimonial
di varie Aziende del settore pesca, di promuovere materiali dal know-how
italiano, caratterizzati da quel misto di genialità, design ed efficienza che
solo un prodotto nostrano è in grado di offrire. Fedele a questo credo che ho
fatto mio, da qualche mese ho iniziato una collaborazione con l’Azienda
Trabucco Fishing titolare del marchio “Rapture” e, facendo parte del “Rapture
Pro Team”,ho avuto modo di testare alcuni materiali che la Casa di Bianconese
produce per i lanciatori di tutto il mondo.
Come referente del settore ”trota”
ho avuto tutto l’inverno a disposizione per apprezzare la canne da spinning della
serie “Inova” riscontrandone le altissime performances nello spinning alla
trota Lacustre, disciplina molto impegnativa anche per i mulinelli ( nella
fattispecie la serie SX-1 ), conseguendo buone catture abbinate ad un grande
piacere nell’uso di queste attrezzature. Con l’approssimarsi della bella
stagione però, mi sono ripromesso di andare alla ricerca di qualche esemplare
“impegnativo” che mettesse a dura prova i materiali e ne testasse
l’affidabilità. Niente di meglio quindi di insidiare lucci e lucioperca a
spinning e a jigging sul “mio” amato Lago che in primavera è in grado di regalare
catture veramente notevoli; l’idea è quella di usare come canna a due sezioni
la “Intruder 802 MH” da mt 2.40 con range di potenza 15/40 grammi ed un line
rating che va da 8 a 22 Lbs, attrezzo appositamente pensato per le applicazioni
più gravose, talvolta portate ai limiti con la cattura di pesci di grande mole.
Detto fatto, mi ritrovo nei pressi di un imbarcadero a me molto familiare che
non mi ha mai tradito regalandomi lucioperca e lucci spesso sopra i 5 kg di
peso con tra le mani la citata canna
alla quale ho abbinato il mulinello SX-1 4000 MD caricato con il trecciato Dyna
Tex Spin X4 di colore verde nello spessore mm 0.16 al quale ho connesso uno
spezzone di circa un metro e mezzo di fluorocarbon T Force XPS di spessore mm
0.28.
Il lago si presenta calmo e la giornata nuvolosa favorisce l’attività
predatoria dei pesci che, dopo il lungo inverno, cercano qualcosa di
sostanzioso da mettere sotto i denti; decido di iniziare con un crank per
ispezionare a dovere il salto di profondità dove di solito si cela in agguato
l’esocide, pronto ad uno scatto bruciante per impadronirsi di qualche ignaro
pescetto. I lanci si succedono in sequenza fino a quando, in prossimità dei
pali di attracco dei battelli, decido di richiamare l’artificiale facendogli
sfiorare i pali stessi ed imprimendo lievi jerkate con il cimino atte a far
spanciare il crank; quando questo ha quasi terminato la sua corsa ed inizio a
scorgerlo riaffiorare dalle profondità, vedo anche dietro ad esso l’inconfondibile
sagoma del luccio che a fauci spalancate si avventa sul povero Fargo e lo
inghiotte con veemenza. Ferro prontamente e la Intruder deve sfoggiare tutte le
sue qualità per contrastare le possenti fughe verso il fondo del pesce; nel
mentre allento di poco la frizione del mulinello e cerco di tenere il pesce
lontano dagli ostacoli che lo spot presenta. Fortunatamente il palettone
dell’artificiale fuoriesce di qualche centimetro dalla bocca del luccio
impedendo ai denti affilati di recidere il monofilo (non ho usato di proposito
il cavetto in acciaio per non compromettere la corretta azione del crank).
Tramite uno scivolo in cemento raggiungo il livello dell’acqua e trascino su
una piccola spiaggia la mia cattura; si tratta di un luccio alloctono, un
Northern Pike, dal peso stimato intorno ai 3 kg che prima di arrendersi ha dato
sfoggio a tutto il suo repertorio di funambolismi per riacquistare la libertà.
Subito mi appresto a scattare qualche foto per immortalare il momento e, dopo
averlo liberato dalla tenace presa delle ancore VMC, lo riossigeno e lo
rilascio nel suo ambiente naturale. La giornata è iniziata bene e dopo circa
un’ora di ulteriori lanci effettuati con
il Fargo decido di cambiare tecnica per cercare l’attacco di qualche grosso
lucioperca; passo dallo spinning al jigging constatando la polivalenza della
Intruder ( e la comodità di non dover cambiare canna ! ), e connetto al
terminale in fluorocarbon un silicone da 3.4 inch (8.5 cm); si tratta di un
Power Shad di colore “Smoke” che innesco su una Power Round Jigheads da 10 gr
con amo n° 4/0. Lo spot presenta un fondale regolare costituito da sassi di
media granulometria e qualche ostacolo rappresentato dai plinti in cemento dei
pontili sui quali i perca amano sostare per dominare il territorio da una
posizione sopraelevata. In passato qui ho realizzato diverse catture
interessanti di pesci anche sopra i 6 kg di peso e pertanto l’attenzione e la
concentrazione nell’ispezionare il fondale è massima. Il perca, anche quello di
grossa taglia, si caratterizza per effettuare attacchi molto discreti e subdoli
e quindi, per non andare incontro a spiacevoli sorprese, è buona norma al
minimo accenno di trazione innaturale ferrare in maniera pronta e decisa avendo
l’accortezza di allentare immediatamente la frizione nel caso si tratti di un
grosso esemplare. Nel frattempo è uscito un sole brillante che rischiarando
l’acqua non facilita certo l’azione di pesca ; questo predatore infatti ha
principalmente un’attività crepuscolare o addirittura notturna e pertanto non
ama la luce diretta del sole che lo rende apatico e poco attivo durante le
giornate luminose.
La porzione di lago frequentata solitamente dai grossi
lucioperca non da alcun risultato così decido di attendere che il sole scompaia
dietro la montagna e porti lo spot in ombra; cambio il terminale che nel
frattempo ha subito alcune piccole abrasioni dovute al contatto con gli
ostacoli del fondo e ne connetto uno spezzone nuovo tramite un nodo doppio
Albright. Ora sono pronto per riprendere la pesca e, finalmente, verso le ore
18 l’intero spot non è più illuminato dall’accecante luce solare. I primi lanci
effettuati in diagonale mirano ad ispezionare il salto di profondità tanto
amato dal predatore tigrato: la sensibilità della Intruder unita all’assenza di
elasticità del combo trecciato-fluorocarbon mi permettono di “sentire”
perfettamente i movimenti sul fondo del Power Shad che assolve egregiamente il
suo compito tanto che, dopo uno dei tanti passaggi nella zona “calda”,
percepisco in canna il tipico attacco del perca al quale faccio seguire una
robusta ferrata che permette all’amo della jighead di penetrare nella coriacea
bocca del pesce. Subito capisco che si tratta di un pesce di mole e, tramite la
regolazione micrometrica della frizione dell’SX-1, gli concedo filo stando però
attento a non farlo avvicinare ai pali di attracco; non si stacca dal fondo ed
imprime possenti testate che non fanno altro che sottolineare la bontà dell’attrezzatura
usata. Torno a regolare la frizione per non fargli guadagnare troppo filo e,
dopo un paio di ripartenze da cardiopalma, lo vedo venire verso la superficie
mostrandosi in tutta la sua maestosità. Distinguo nettamente il Power Shad
saldamente posizionato sul lato destro della mascella e ciò mi tranquillizza
abbastanza sul pericolo sempre presente di sgradite slamature.
Ora il problema
è rappresentato dal salpaggio, visto che la mia posizione è sopraelevata
rispetto al livello dell’acqua; sempre con il pesce in canna scavalco una
ringhiera che delimita una terrazza di uno dei tanti ristoranti rivieraschi e
non senza difficoltà guadagno la riva scoscesa in manufatto. Dopo alcuni minuti
di pausa durante i quali il grosso pesce ha ripreso le forze, ora si scatena
con sciacquii in superficie che mi fanno temere per la tenuta del terminale;
fortunatamente riesco ad arginarne la forza e quando si porge su un lato
capisco che il combattimento volge al termine. In precario equilibrio dovuto
alla pendenza accentuata dello scivolo in cemento, lo trascino verso di me e
con un movimento rapido e preciso infilo la mia mano sinistra nella porzione
opercolare del pesce: questa presa infatti mi garantisce sicurezza nel
salpaggio e, al contempo, non danneggia le branchie, organi vitali del perca.
Con la mano sinistra impegnata nella presa opercolare e la destra che tiene la
canna e contemporaneamente sorregge la pancia del pesce, ne ammiro tutta la
bellezza; nel frattempo un gruppo di turisti ha assistito incuriosito e
sorpreso a tutte le fasi del combattimento e subito ne approfitto per dare la
mia fotocamera ad una coppia di inglesi che, tra il divertito e
l’estasiato, gentilmente mi scattano
alcune foto.
Ora che lo tengo tra le mani riesco a stimarne un peso oltre i sei
kg, spostando di fatto il limite fino ad allora raggiunto in quello spot. Sono
visibilmente soddisfatto e penso di meritarmi una birra che consumo in un bar
della zona. Mi rimane circa un’ora di luce e decido di cambiare posto; in soli
dieci minuti di auto raggiungo un altro spot conosciuto in zona perché
frequentato da lucioperca di buone dimensioni; la caratteristica di questo
tratto di sponda è la presenza subacquea di un grosso tubo metallico sotto al
quale i perca amano stazionare durante le ore diurne per poi uscire in caccia
al crepuscolo.
Non è difficile nelle ore di luce intensa e quando il lago non
presenta increspature dovute ai venti periodici, scorgere le sagome dei pesci
sul fondo in atteggiamento passivo intenti a “digerire” il cibo che hanno
mangiato durante la notte. Ora a causa della luce del crepuscolo questo non
risulta agevole e quindi devo affidarmi alla sensibilità della canna per
avvertire gli eventuali attacchi del pesce; in particolari giornate
caratterizzate da cielo coperto ed assenza di vento, è molto divertente pescare
“a vista” e vedere in diretta l’attacco dei perca ai nostri siliconi. Anche qui
ho avuto modo di catturare pesci di assoluto rispetto e quindi fiducioso inizio
la mia ricerca. Questa volta innesco sulla jighead un Power Shad nella nuova
colorazione “Chartreuse ghost”, adatta alle situazioni di scarsa luce o acqua
opaca, ed inizio lanciando l’insidia proprio nelle vicinanze del citato tubo.
Procedendo verso la riva a piccoli
saltelli sul fondo scorgo molto bene lo shad dal colore brillante che cerca di
scatenare l’aggressività dei pesci presenti in zona. Dopo una serie di lanci
infruttuosi effettuati seguendo la sagoma dell’ostacolo subacqueo, inizio a
pensare che questa volta lo spot di comprovata validità mi ha tradito; arrivato
quasi a fine corsa di uno dei tanti lanci, quando ormai l’insidia si trova ad
una profondità di una cinquantina di centimetri, vedo uscire da sotto il tubo
una sagoma fulminea che afferra con decisione lo shad. Ferro e subito mi
ritrovo in canna il pesce che con scuotimenti vigorosi del capo cerca
disperatamente di liberarsi dall’inganno. Si tratta di un lucioperca di medie
dimensioni, stimato attorno al chilo e mezzo di peso, che però a dispetto delle
sua contenuta stazza, combatte energicamente deciso a vendere cara la pelle.
Per non creargli eccessivo stress mi affretto a trascinarlo sulla riva e dopo
averlo slamato ed avere scattato alcune foto, lo restituisco al suo ambiente.
Pienamente soddisfatto di come si è svolta la giornata, decido di porre fine alla
battuta di pesca e raggiungo l’auto per il ritorno a casa. Durante il viaggio
ho modo di ripensare ha quanto ho vissuto nelle ore trascorse al lago e provo
maggior soddisfazione nel constatare l’efficacia di tutta l’attrezzatura da me
usata; la consapevolezza di aver legato il mio nome ad un marchio vincente come
“Rapture” mi incentiva e mi sprona a sperimentare situazioni nuove e a spostare
sempre più in avanti i miei limiti. Mettere a disposizione di un’Azienda la
propria esperienza maturata in anni e ricevere continue conferme sulla validità
della scelta attuata è una soddisfazione che non ha prezzo! Ora non mi resta
che lanciare nuove sfide affrontando ambienti diversi e problematiche
differenti, sempre con la certezza di avere argomenti validi per uscirne
vincitore.
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