11.29.2011

L'ittiologo del web -- Intervista a Stefano Porcellotti

Noi siamo sempre alla ricerca della verità suffragata da personaggi illustri, scientificamente preparati, quindi quale ittiologo nel web potrebbe dirimere alcune questioni, se non Stefano Porcellotti , noto ittiologo ed autore dell’ unico sito scientifico dedicato ai pesci e cioè http://www.ittiofauna.org



Egregio dottore cominciamo a tediarla con il solito siluro. Se questo pesce ha colonizzato il Po almeno fino a Casale Monferrato, il Ticino basso, l’Adda come mai è sporadico nel Po torinese e soprattutto nei grandi laghi? Questione di fondale non idoneo o cosa?

Contrariamente a quanto si pensa comunemente il siluro d’Europa non ama particolarmente le acque ferme, colonizza bracci morti dei grandi fiumi europei dove resta confinato durante le esondazioni, oppure è presente in modo massiccio in bacini chiusi dove è stato immesso.
In bacini provvisti di emissari ed immissari di buona portata tende a stabilirsi in questi, o nelle aree lacustri limitrofe. Questo è probabilmente il caso di molti dei grandi laghi prealpini. Inoltre, dove le condizioni lo consentano, i grossi esemplari tendono a stabilirsi in propri territori per cui la loro densità appare molto ridotta rispetto agli ambienti fluviali.
Il substrato influenza la specie solo per l’aspetto riproduttivo, in assenza di substrati ricchi di vegetazione sommersa, dove il maschio costruisce il nido pressando la vegetazione del fondale, la colonizzazione risulta difficoltosa (o perlomeno si crea una competizione intraspecifica per i terreni di frega).
Per il resto la specie ha ampia valenza ecologica, oltre che in acque calde e profonde a corrente lenta e substrato mobile, vive bene anche in corsi d'acqua di media portata, su substrati compatti non particolarmente profondi ed a corrente relativamente veloce. Tollera acqua salmastre (anche per la riproduzione).




Quali sono gli alloctoni più pericolosi (oltre il siluro) per gli autoctoni?

Tutte le specie alloctone sono dannose per l’ittiofauna autoctona. Dal persico trota (Micropterus salmoides) al pesce gatto nero (Ameiurus melas), dal siluro d’Europa (Silurus glanis) al barbo europeo (Barbus barbus) o alla pseudorasbora (Pseudorasbora parva) e al pesce rosso (Carassius auratus).
Inoltre sono da ritenere specie alloctone anche quelle oggetto di transfaunazione, come l’introduzione del barbo padano (Barbus plebejus), della lasca (Protochondrostoma genei), dell’alborella (Alburnus alborella) e della savetta (Chondrostoma genei) nei bacini del distretto arno-tiberino.
Si deve comprendere come le comunità ittiche di ciascun distretto idrogeografico si siano originate a partire da 5- 2 milioni di anni attraverso l’instaurazione di complessi e delicati equilibri, accompagnati da mutazioni evolutive peculiari che anno determinato per isolamento la formazione di specie uniche, costituiscono un patrimonio di biodiversità irrinunciabile da difendere ad ogni costo.
Disgraziatamente l’impatto antropico sta mettendo in gravissimo pericolo il tesoro genetico unico delle specie ittiche dei bacini perimediterranei. L’introduzione di una specie aliena all’interno di un ecosistema spezza equilibri consolidati con risultati del tutto imprevedibili.







In che modo l’introduzione di specie alloctone danneggia le specie autoctone?

Attraverso molteplici meccanismi, come inquinamento genetico, competizione alimentare, predazione, competizione per le aree di frega, specie parassite di sperma e, aspetto totalmente non considerato, introduzione di malattie virali e batteriche da parte di individui infetti o portatori sani.

Cosa si intende per inquinamento genetico di una specie?

La definizione classica di specie, valida per le classi dei vertebrati superiori, non si applica nel caso dei pesci ossei. Tra i pesci possono generarsi ibridi fecondi anche intergenerici, oppure esistono specie dello stesso genere non in grado di ibridarsi. Ad esempio, nel caso dell’ibridazione tra abramide (Abramis brama) e rutilo (Rutilus rutilus) si originano ibridi fecondi, ma la forma ibrida risultante risulta meno competitiva delle specie parentali rispetto all’ambiente e di conseguenza viene eliminata per selezione naturale.
Alcune specie non sono feconde tra loro o sono incompatibili ecologicamente, come la rovella (Rutilus rubilio) ed il triotto (Rutilus aula), ma se nel bacino viene introdotta una terza specie congenere, come il rutilo (R. rutilus) in grado di ibridarsi con entrambe e di agire da ponte genetico, si forma una popolazione ibrida che presenta caratteristiche di tutte le specie parentali. Molte specie congeneri (per alcuni sottospecie), comunque portatrici di un pool genetico peculiare, se poste a contatto tendono a dare origine a popolazioni ibride con esemplari che presentano caratteristiche morfologiche più o meno spostate verso l’aspetto dell’una o dell’altra popolazione parentale. Questo è il caso dei barbi che attualmente popolano gran parte dell’Arno aretino, dal comune di Laterina fino al comune di Pratovecchio.
Questi barbi sono il risultato di continue ibridazioni tra la forma autoctona Barbus tyberinus e le forme introdotte B. plebejus e B. barbus (vedere foto). I barbi ibridi presentano morfologia particolare, raggiungono maggiori dimensioni, e risultano molto aggressivi rispetto alla forma autoctona. Sono infatti attivi predatori di ghiozzi, cobiti, avannotti ed immaturi di altre specie. Attualmente rappresentano la componente principale della biomassa negli ambienti da loro colonizzati. La forma autoctona sopravvive geneticamente pura solo nei bacini degli affluenti isolati dall’asta principale da ostacoli invalicabili (briglie).




Cosa si intende per specie parassita di sperma?

In condizioni naturali le uova emesse dalle femmine di carassio dorato o pesce rosso (Carassius auratus), spesso chiamato impropriamente carassio, possono essere attivate dai gameti maschili di varie specie di ciprinidi, tra cui le più frequenti sono Cyprinus carpio, Tinca tinca, Blicca bjoerkna, Scardinius erythrophthalmus, sviluppandosi senza vera fecondazione (il corredo cromosomico del maschio non viene accettato).
Con tale modalità riproduttiva, detta ginogenesi, la prole riceve solo geni materni ed è perciò costituita esclusivamente da femmine. Ne deriva che la presenza di numerose femmine di carassio che emettano uova assieme alle femmine delle specie sopra citate, diminuisce la probabilità che avvenga la fecondazione delle uova della specie parassitata. Inoltre il pesce rosso risulta in grado di divenire infestante in un ecosistema partendo anche da una sola femmina o da pochissimi esemplari.


Come avviene l’introduzione di malattie virali e batteriche?

Nel loro habitat naturale molte specie hanno evoluto una naturale resistenza agli agenti patogeni per restando potenziali portatori della malattia.
L’arrivo di esemplari in ambienti popolati da specie congeneri o comunque sensibili al batterio od al virus può determinare forti morie o l’estinzione di intere popolazioni. Un po’ la stessa cosa occorsa agli indigeni americani all’arrivo degli europei.
Il problema è che chi attua immissioni illegali di specie alloctone non è generalmente al corrente di cosa può scatenare. Un gesto, spesso ritenuto innocuo o utile ai fini della pesca, può determinare una catastrofe ecologica di grandi proporzioni. Per questo si raccomanda di controllare, anche mediante quarantena, il materiale da ripopolamento e di contrastare duramente le immissioni illegali di materiale ittico
.

Luccio italico si ibrida con quello dell’est? Ibrido sterile o no?
Idem dicasi per il barbo?

Il luccio italico, recentemente riconosciuto come buona specie da Piergiorgio Bianco (Esox cisalpinus Bianco e Delmastro 2011), dovrebbe essere in grado di ibridarsi e dare prole feconda ma, per ulteriori informazioni, potete consultare Piergiorgio: piergiorgio.bianco@unina.it .
Riguardo ai Barbus ho risposto precedentemente.




Almeno per il Piemonte riscontro una quasi totale scomparsa del pesce piccolo cioè alborelle, vaironi, gobioni, triotti (le lasche chi se le ricorda) anche in luoghi ove non vi sono siluri, uccelli ittiofagi e con scarsa presenza aulietica. Come mai secondo Lei? Lo stesso cavedano, quasi un pesce hilander, ha subito un tracollo vertiginoso.

La rarefazione dei ciprinidi autoctoni è generalmente imputabile a molti fattori, spesso in sinergia tra loro. Si va da immissioni a scopo alieutico di specie predatrici in quantità sovradimensionate rispetto alle capacità trofiche dell’ambiente, alla comparsa di agenti patogeni, all’alterazione ambientale (lavori in alveo e di regimazione) con distruzione delle aree di frega, interruzione della continuità fluviale (briglie, centraline idroelettriche, e fonti inquinanti di vario genere.
In alcuni casi è risultata determinane la conversione di tratti fluviali in “Zone No Kill”, in questi le specie predatrici immesse monopolizzano completamente l’ecosistema a spese delle altre specie presenti, spesso fino a giungere al cannibalismo intraspecifico.
A dispetto di atteggiamenti “animalisti”, la gestione di un ecosistema fluviale deve sempre comprendere un serio monitoraggio delle capacità trofiche dell’ecosistema, con determinazione del numero per classi di età dei predatori presenti compatibili con il mantenimento di un equilibrio ecologico soddisfacente e, nel caso applicare la rimozione degli esemplari in eccesso tramite l’istituzione di capi trofeo o quant’altro. La presenza di uccelli itiofagi resta tra le maggiori cause di rarefazione dei piccoli ciprinidi, ma la loro presenza non è facilmente rilevabile (ad esempio le nitticore sono prevalentemente notture).
In ogni caso, durante le operazioni di campionamento per la revisione della Carta delle Vocazioni Ittiche della Provincia di Arezzo, personalmente ho rilevato una presenza fino al 65% di esemplari feriti da uccelli ittiofagi, nelle popolazioni di cavedano, rovella e vairone presenti in molte delle stazioni campionate.


Ci spiega come agisce un elettrostorditore?

Sfrutta le reazioni indotte nei pesci dalla corrente elettrica che li attraversa, in conseguenza del campo elettrico che si realizza immergendo in acqua un polo a carica positiva e uno a carica negativa. I pesci presenti nel campo compreso tra i due poli sono attirati dal polo positivo, verso il quale si dirigono nuotando attivamente, per poi rimanere storditi dalla scarica elettrica.


La famosa linea laterale quanto è potente? Cioè un luccio diciamo di 3 Kg a che distanza avverte le vibrazioni del famoso martin 28 gr? (tanto come esempio)

Non ho dati precisi per il luccio. Come esempio posso citare il siluro d’Europa: è dotato di un sistema di canali sensoriali in grado di monitorare in meno di 10 secondi gli spostamenti idrodinamici e le tracce chimiche della preda a distanze fino a 55 volte superiori alla lunghezza della preda stessa.

Il nanismo del persico reale ovunque da dove deriva?

Nell’ittiofauna il cosiddetto “nanismo” non ha motivazioni genetiche, è sempre correlato alla mancanza di cibo. In poche parole il pesce aumenta di dimensioni se ha cibo sufficiente. Fenomeni di sovrappopolazione o di competizione alimentare con altre specie causano l’abbassamento delle dimensioni medie della popolazione colpita. In ogni caso il fenomeno non è presente “ovunque”, ad esempio la popolazione insediata nel bacino di Montedoglio (Sansepolcro AR) ha un tasso di crescita ponderale tra i più elevati d’Italia, come confermato dai campionamenti effettuati assieme al personale GRAIA s.r.l. del 2004 e del 2011.



Confronto tra l’accrescimento lineare di varie popolazioni di persico reale (F. Ticino: Graia, 1999; L. Trasimeno: Lorenzoni et al., 1996; L. di Piediluco: Lorenzoni et al., 1996; L. di Monate: Jamet et al, 1990), effettuato nel 2004.


I depuratori non è che in molti casi emettono acque distillate invece che depurate con conseguenze facilmente immaginabili?

Non capisco, se immettessero acqua distillata sarebbe anche meglio, sarebbe neutra. Riflettete. La pioggia, non legata ad agenti inquinanti presenti nell’atmosfera, è acqua distillata. E la pioggia forma i bacini idrici. In ogni caso l’eventuale acqua distillata si riequilibrerebbe attraverso il contatto con il substrato e l’acqua già presente nel bacino.
Il problema è che spesso gli impianti di depurazione sono assenti o, se presenti, sottodimensionati rispetto al carico inquinante da smaltire, per cui la loro azione risulta di scarso effetto.


Quali sono le diatribe scientifiche in corso fra voi ittiologi?

Qui si entra in un campo minato. Sono molteplici. Risulta più facile dire in cosa siamo d’accordo. Limitiamoci a dire che tutti concordano sul grande pericolo che corre la biodiversità delle acque interne dell’intero pianeta.

Le espongo i nostri pensieri
Noi riteniamo che la legge italiana di pesca debba essere una sola e che nelle consulte di pesca debbano esserci solo gli ittiologi; le acque figure combinano solo disastri. Come è concepibile che vi siano regolamentazione diverse su periodi di frega e misure minime fra province e regioni confinanti? Non sarebbe d’ accordo che vi dovrebbe essere una chiara legge italiana di pesca che deleghi molto limitatamente e che ogni pescatore debba ricevere un opuscolo illustrativo sulle specie.

Naturalmente se le leggi fossero veramente fatte per il beneficio di chi le deve rispettare dovrei ammettere di aver sbagliato pianeta, o perlomeno stato. Scherzi a parte diverse regolamentazioni su periodi di frega e misure minime fra province e regioni confinanti possono esistere a causa delle caratteristiche peculiari dei bacini da considerare, quindi possono anche rendersi necessarie.
In ogni caso è vero: dovrebbe esistere una legge quadro per la gestione delle acque interne che fissi perlomeno rigide regole per la qualità genetica del materiale di ripopolamento, pesanti sanzioni a chi immette pesci alloctoni nelle acque criteri di salvaguardia e protezione della biodiversità, delegando però localmente le modalità di applicazione.
Non sono d’accordo che la gestione venga affidata ai soli esperti del settore. Soltanto attraverso un consapevole e responsabile coinvolgimento dei pescatori, sportivi e non, potremo giungere a risultati soddisfacenti e duraturi nella gestione della pesca e nella conservazione della qualità ecologica delle nostre acque interne.
Purtroppo siamo nel paese in cui siamo. Uno stato che non applica mai criteri di ingegneria idraulica biointegrata e biocompatibile.
Una “casta incapace” che, di fronte a nefaste emergenze idrauliche (troppo frequenti e diffuse) fa intervenire le ruspe, abbatte la vegetazione riparia e canalizza. Alla faccia della difesa della biodiversità e della naturalità dei corsi d’acqua.
Mai, dico mai, impedisce di costruire o abbatte gli edifici presenti a ridosso o dentro gli argini naturali dei fiumi. Anzi, dopo le tragedie, fa costruire negli stessi luoghi illudendosi di poter arrestare o deviare le acque per la prossima volta, quando (sicuro come il levar del sole) si verificherà una nuova emergenza. Una “consorteria” che durante le magre stagionali, in nome di convenienze personalistiche, non applica quasi mai i criteri di “minimo deflusso vitale” o di trattamento adeguato delle acque reflue.


La ringraziamo per la sua pazienza e collaborazione e di sicuro i nostri lettori le saranno grati.

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