L’ora del Vampiro
Testo e
fotografie di Marco Altamura
Spesso nei sogni alieutici di noi spinner albergano pesci di
grossa mole catturati magari in affascinanti ambienti esotici, veri paradisi
dove non ci sono limiti alle più rosee aspettative e dove le catture si
ripetono con un ritmo impressionante, almeno per noi lanciatori che siamo
soliti praticare il nostro sport preferito nelle troppo spesso bistrattate
acque italiche. Il tutto viene poi ridimensionato quando abbiamo l’opportunità
reale di pescare in queste tanto sospirate acque che nell’immaginario
collettivo ospitano prede da sogno. Fortunatamente in tutta la mia carriera
piscatoria ho avuto la fortuna di girare una buona parte di mondo rincorrendo
qua e la predatori come trote, salmoni, lucci, persici reali, temoli artici e
salmerini artici. Con questo non voglio assolutamente affermare che i miei
siano stati viaggi deludenti, anzi parlando soprattutto di salmoni , posso dire
di aver pescato pesci meravigliosi in luoghi da sogno; la questione è un po’
differente: quando peschi in fiumi come il Moy in Irlanda, il Gaula in
Norvegia, lo Spey in Scozia, il Vindel in Svezia
, il Varzina in Russia, il Pitt
ed il Fraser in Canada
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Fraser |
etc… pur lasciando una percentuale all’imprevedibile
(assenza di piogge , colore dell’acqua opaco, maree sfavorevoli, etc…), ti
aspetti comunque di realizzare catture mirabolanti tante quante almeno ne hai
sognate nei mesi precedenti il viaggio. Non sempre funziona così e quindi, pur
con tanto entusiasmo e soddisfazione per i pesci presi, ci ripetiamo che in
quei luoghi da sogno era quasi impossibile “fallire”. Con questa premessa non voglio affatto sminuire l’importanza di
tali catture, ma piuttosto rimarcare di quanta soddisfazione in più possano
dare le nostre acque quando abbiamo la buona sorte di catturare un pesce
eccezionale. Un luccio “over 100”, una lacustre di 8 kg, un perca sopra i 5 kg,
assumono un significato ancora più esaltante se catturati “in libera”e a “piede
asciutto” nelle nostre depauperate acque.
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Luccio piemontese |
Questa è una sensazione che
fortunatamente ho avuto modo di vivere spesso e alla luce di quanto detto in
precedenza, devo affermare che la gioia che sa infondere una di queste catture
non è spiegabile con semplici parole. Ci si sente in pace con il mondo,
soprattutto considerando che non sono molti i pescatori che possano annoverare
nel proprio bagaglio di esperienze, simili catture. Il periodo della primavera
avanzata, almeno nei grandi laghi del nord Italia, è uno di quei periodi che
maggiormente consente la cattura di pesci di grande mole; mi riferisco ai
grandi lucci che dopo le fatiche riproduttive si attardano ancora nei sottoriva
in cerca di foraggio da mettere sotto i denti per riprendere le forze; penso
alle grandi trote lacustri che finalmente possono mietere il terrore nei banchi
di pesce-foraggio con le loro scorribande atte a rimpinzarsi dopo la scarsità
di cibo dell’inverno;
le trote marmorate che ora sono appostate sotto i
cosiddetti “piedi di terra” dei fiumi tributari dove fanno incetta di piccoli
barbi, savette ,cavedani e quant’altro graviti nei paraggi. E penso anche ai
grossi maschi di lucioperca che ancora sostano nelle aree di frega dove alcune
settimane prima vi è stata la deposizione delle uova, proteggendole dagli altri
abitanti dell’ecosistema lacustre. Questi affascinanti pesci dal carattere
umorale misterioso e per certi versi enigmatico, in questo periodo stagionale
sono al centro delle mie attenzioni piscatorie specialmente praticando il
jigging con artificiali siliconici. Anche la preparazione dell’attrezzatura
Rapture per questo tipo di pesca mi regala piacere al punto da curare anche il
più piccolo e all’apparenza insignificante dettaglio; quando vado alla ricerca
di pesci di mole, per non sbagliare, mi affido sempre alla sicurezza delle
canne denominate “Intruder”, progettate e realizzate specificamente per
sopportare combattimenti con grosse prede. La gamma a catalogo spazia dal
modello da mt.2,10 fino a quello da mt. 3,00 con differenti potenze di lancio
comprese tra i 7/21 gr della più piccola fino ai 50/100 della più potente.
Personalmente ho trovato il giusto equilibrio con il modello da mt. 2,40 e
potenza di lancio 14/40 gr definita dalla sigla 802-MH; questa canna mi
consente di utilizzare jigheads da 10/ 12/15 grammi che abbinate a siliconi
fino a 4 inch (10 cm) costituiscono i libbraggi ideali per questo tipo di
jigging leggero. Inoltre il divertimento che ci regalano queste canne
realizzate in fibra di carbonio CX-1 Carbon durante il combattimento con un
grosso pesce è semplicemente unico! I passanti in carburo di silicio (SIC)
consentono l’utilizzo di lenze multifibre senza alcun problema, disperdendo
velocemente il calore prodotto dall’attrito. Personalmente mi piace abbinare a
questa canna il mulinello al top di gamma Rapture, l’SX-1 mod.4000 che bilancia
ottimamente il combo, imbobina correttamente il trecciato su una bobina in
finitura “carbon” appositamente dedicata e fornisce ottime garanzie di fluidità
con la sua frizione progressiva a regolazione micrometrica, indispensabile quando
si ha a che fare con i grossi calibri. Carico il mulinello con 100 mt. di
treccia Dyna Tex Spin X4 di colore verde e di spessore mm 0.16 che con i suoi
11.34 Kg di tenuta mi mette al riparo da qualsiasi eventualità; infine come
terminale preferisco non utilizzare il classico fluorocarbon ma, viceversa, mi
oriento sul validissimo Spin Zander Cristal dello spessore mm 0.307 che si
caratterizza per il giusto compromesso tra la totale assenza di memoria
meccanica ed esiguo allungamento e l’ottima invisibilità in acqua con il
vantaggio non da poco di possedere un carico di rottura meno penalizzante dei
fili “fluoro”.
Ora sono libero di pensare all’artificiale siliconico che
sceglierò solo dopo aver visionato lo spot prescelto. E quindi, riferendomi
sempre al “mio” amato lago Maggiore, prendo in considerazione un litorale che
nel tempo mi ha regalato diversi pesci di mole, siano essi lucioperca o lucci,
con qualche gradita sorpresa costituita da qualche grosso persico reale che non
si è fatto intimorire dai 10 cm del mio Power Shad. Lo spot è costituito da una
spiaggia con fondale digradante fino a raggiungere i sette metri di profondità
con conformazione rocciosa a media granulometria e presenza di alcune strutture
sommerse in cemento. Di solito ispeziono la zona prima con uno spinnerbait da
mezza oncia (Sniper Single Blade) alla ricerca di qualche bel luccio, spesso
presente in queste acque; oggi questo tentativo non da i frutti sperati e
quindi mi appresto a cambiare approccio per tentare la cattura di lucioperca
che, dopo il periodo della riproduzione , si trattengono per un breve periodo
nei luoghi di frega per poi riguadagnare i grandi fondali a centro lago o alla
foce degli immissari seguendo i banchi di pesce foraggio.
Tra le tante scelte
possibili nell’ampio panorama delle imitazioni di shads in silicone di Rapture,
opto per armare con una jighead da 10 gr su un amo n° 3/0 uno Swing Shad da 3,8
inch (9,5 cm) con finitura Chartreuse Gost che con il colore opalino dell’acqua
dovrebbe funzionare egregiamente. In primavera avanzata infatti, con i primi
tepori, iniziano le fioriture di microorganismi costituenti il fitoplancton e
lo zooplancton, rendendo l’elemento liquido opalescente. Questo fenomeno
chimico agisce a nostro favore annullando le possibilità di essere visti dalle
nostre prede. Il tempo instabile tipico della primavera alterna momenti di
grande luminosità a fasi di penombra dovuta alla presenza di grandi cumulonembi
che celano momentaneamente l’azione rischiarante del sole. Questi momenti
rappresentano la situazione migliore per aver ragione su un predatore come il
perca, pesce lucifugo per antonomasia. I primi lanci che effettuo tendono ad
ispezionare il salto di profondità posto a circa 7/8 metri dalla riva; questi
spot sono spesso frequentati dai grossi percidi che tendono veloci agguati alla
minutaglia che ignara del pericolo pascola in zona. Dopo aver coperto a
raggiera la parte antistante con movimenti molto lenti sul fondo da parte
dell’artificiale, mi sposto a sinistra dove un approdo per battelli e due
grossi pali di attracco costituiscono un ottimo spot e non solo per i
lucioperca.
Qui è più alto il rischio di incaglio sul fondo a causa di legnaie
e grossi tronchi sommersi, ma si sa chi non risica… Così dopo aver “regalato”
al lago due Swing Shad e relative testine piombate senza alcun risultato,
decido di spostarmi nei pressi di un pontile galleggiante ripromettendomi di
tornare in quel posto propizio quando il sole sarà eclissato dietro la montagna.
Dal pontile galleggiante riesco a raggiungere, con lanci mirati, alcune boe a
circa 15 metri da me; queste strutture galleggianti rappresentano un ottimo
sito nel quale cercare i perca perché hanno come ancoraggio sul fondo dei
plinti in cemento rialzati dai quali i pesci riescono a dominare il circondario.
Va posta particolare attenzione nel sondare con i nostri shads soprattutto il
dislivello creato da tali strutture sommerse; l’attacco nove su dieci avviene
quando, in fase di rilascio, lo shad collassa verso il fondo da una posizione
sopraelevata. Percepire con il polso queste variazioni di livello è una
proprietà che si acquisisce con il tempo e le caratteristiche qualitative
dell’attrezzatura: la Intruder mi trasmette perfettamente la conformazione del
fondale al punto che ne conosco i segreti come se lo vedessi. Ma purtroppo
anche questi tentativi non portano a nulla e così decido, anche incoraggiato da
un denso nuvolone che oscura il cielo, di tornare nello spot precedente.
Riprendo a lanciare nei pressi dei pali di attracco e, dopo alcune “passate” a
vuoto, nel recuperare verso di me l’artificiale scorgo appena dietro di lui la
sagoma inconfondibile di un grosso perca che, incuriosito, lo segue fino a riva
per poi girarsi e riguadagnare le profondità del lago. Ma allora ci sei, dico
tra me e me !
Con rinnovata fiducia cerco di sfruttare a mio favore il momento
di oscuramento del cielo, sapendo perfettamente che se esiste una possibilità
di successo, questa coincide con le attuali condizioni atmosferiche. Ripasso in
zona con la massima concentrazione altre innumerevoli volte senza risultato e,
complice una leggera brezza temporalesca che increspa le acque, decido di usare
una testina un po’ più pesante per una maggior sensibilità. Facendo mente
locale tra le possibilità che Rapture mi offre in fatto di siliconici,
approfitto per cambiare artificiale; questa volta armo un Rib Slim Shady
(simile allo Swing Shad ma in versione più “snella” e sempre con la stessa
finitura Chartreuse Ghost) con una jighead da 12 gr su amo del n° 3/0. Questo
artificiale può vantare una maggior mobilità della coda a martello emettendo
invitanti vibrazioni anche per la sua conformazione a lamelle corrugate. Lo
annodo al terminale e ricomincio a pescare.
L’esperienza maturata su questi
anomali predatori mi suggerisce che il grosso pesce non può che essere nei
paraggi di uno dei pali presenti in zona e quindi concentro i miei tentativi in
tale direzione. Dopo una serie di passate di cui non so quantificare il numero,
finalmente durante una di esse percepisco distintamente in canna il subdolo ma
deciso attacco del perca al mio artificiale e immediatamente porto una poderosa
ferrata a due mani; appena accortosi dell’inganno il grosso pesce si manifesta
con un’esplosione di selvaggia vitalità.
Dopo aver aperto la frizione del mulinello
regolandola sulla forza del pesce, cerco di assecondarne le sfuriate sul fondo
con una resistenza che incurva sino all’impugnatura la Intruder che mi regala
momenti di adrenalinica euforia; tento , per quanto mi è possibile, di
contrastare le fughe del pesce che cerca disperatamente di trovare nei pali di
attracco dei validi alleati per riguadagnare la libertà. Capisco dalla strenua
difesa che deve trattarsi di un pesce di
grande mole e, conscio della mia posizione sopraelevata rispetto all’acqua, vivo
con grande preoccupazione questi momenti che mi separano dalla tanto sospirata
presa opercolare. Finalmente il perca si stacca dal fondo ed inizio a vedere
attraverso l’acqua opalina le sue reali dimensioni: si tratta di un grosso
maschio dal corpo molto tozzo e possente che, occhio e croce, stimo pesare
intorno ai sette chilogrammi. Ancora un paio di poderose fughe con relativo
stridere della frizione (musica celestiale per le mie orecchie) e il pesce è a
galla; ora devo superare diversi ostacoli logistici per poter arrivare al
livello dell’acqua. Mi complicano la vita due muretti che devo scavalcare
tenendo sempre in tensione con la mano destra la canna e stando attento a non
sfiorare i manufatti con il trecciato che, in tale malaugurato caso, “salterebbe”
irrimediabilmente facendo naufragare il sogno. Dopo non poche difficoltà e con
il cuore in gola come un bambino dinnanzi a un negozio di giocattoli, riesco a
guadagnare lo scivolo in cemento che porta al livello dell’acqua; accorcio il
filo e con la mano sinistra entro nella cavità opercolare del pesce stremato.
E’ fatta! Nel frattempo un capannello di gente ha seguito tutte le fasi del
combattimento e all’unisono mi accreditano un applauso. Approfitto subito del
pubblico presente per farmi scattare alcune veloci foto del pesce che con la
pinna spinosa dorsale eretta mostra tutta la sua bellezza. L’ago della
bilancina elettronica sempre presente nel mio gilet segna kg 7,340 per cm 78.
Un pesce dalla struttura molto possente che si è sviluppato più in larghezza
che in lunghezza. Libero l’amo dalla bocca coriacea del predatore e dopo circa
dieci minuti di ossigenazione in acqua lo libero nel suo lago; nelle fasi
concitate della cattura non mi sono avveduto del fatto che il pesce ha perso
alcune gocce di sangue dalla bocca e spero tanto che questo fatto non ne
comprometta la salute. Potrei continuare a pescare ma sono più che soddisfatto
dell’agognata e voluta a tutti i costi cattura: mi pervade quella pace
interiore di cui ho parlato all’inizio e non chiedo altre emozioni al “mio”
lago che ancora una volta ha saziato la mia fame di avventura. Ci saranno altre
occasioni e altri luoghi dove poter praticare questa splendida disciplina che
tante soddisfazioni mi ha saputo trasmettere e l’aver ridato la libertà ad un
simile pesce mi fa apprezzare ancora di più questa che definire semplicemente
una “passione” è estremamente riduttivo.
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