10.29.2016

Pesca: Racconto semivero di 2 amici




Io e Beppe eravamo amici fino dalle elementari anche perché abitavamo a 50 metri; Poi Lui frequento le medie e la prima ragioniera nel collegio delle suore e ci vedavamo prima o dopo che le lezioni erano finite dato che anche io facevo ragioneria ma in una classe diversa con 9 maschi e 25 femmine al Mossotti di Novara!!!  Entrambi bocciati con disonore io frequentai un corso biennale della regione con successo e Lui fece la scuola alberghiera. Cosi verso i 20 anni ogni tanto lo vedevo che tornava a casa passando davanti al mio cortile e scoprimmo che avevamo gli stessi gusti: Donne e Pesca!! Lui aveva già la morosa che era una bionda superlativa che amava insidiare i Black Bass.
A me proprio quella pesca non piaceva e per mia fortuna frequentai Maria Pia e la introdussi alla pesca col galleggiante e a fondo
e un po’ di spinning con abbastanza catture fra cui un bel luccio da parte mia e una carpa di dimensioni notevoli per Lei.Uno dei Black Bass fù catturato con una artificiale stranissimo comprato in Austria dalla ragazza.
Ci recavamo spesso tutti e 4 assieme in qualche lago o stagno, si pescava, si mangiava e ogni tanto andavamo in “camporella” lasciando l’ attrezzatura in cura agli altri 2.
La camporella è quell'attività sessuale in luoghi aperti più o meno selvatici per cui la Costituzione della Repubblica Italiana prevede l'arresto per atti osceni in luogo pubblico e il Codice di Hammurabil’ *** addirittura l’evirazione. Nonostante il suo largo utilizzo distribuito tra le classi sociali la camporella è, a oggi, ancora illegale in molti Stati. L'unico Stato europeo in cui la camporella è stata liberalizzata é, ovviamente, l'Olanda.
Quando si venisse presi in flagrante dal proprietario del luogo usato per il misfatto si verrebbe subito denunciati per atti osceni in luogo pubblico e interverrebbe la polizia buoncostume. Questo comporterebbe una causa, una multa.
Passarono gli anni e il padre di Beppe acquisto una baita in Val Vigezzo e incominciammo lo spinning nel Torrente Melezzo orientale con qualche cattura di fario e iridee. Lungo 40 Km nasce dalle pendici ad est della Pioda di Crana. Nel primo tratto del suo corso scorre verso sud solcando la breve e profonda valle di Arvogno, frazione del comune di Toceno; giunto nei pressi di Santa Maria Maggiore piega verso est e percorre in un ampio letto la dolce pendenza dell'altopiano vigezzino; a Malesco riceve le acque del torrente Loana.

All'altezza del comune di 
Re la valle inizia a restringersi; poco a valle dell'abitato il torrente forma una stretta gola attraversata dal medioevale "ponte del Maglione". Dopo aver superato Ponte Ribellasca entra in territorio svizzero dove cambia nome in Melezza e percorre le Centovalli bagnando i territori di Borgnone, Palagnedra ed Intragna. Dopo aver ricevuto le acque del torrente Isorno, suo principale tributario, percorre un ultimo tratto prima di gettarsi nel fiume Maggia a Losone, che a sua volta sfocia poco dopo nel Lago Maggiore. Nei pressi di Palagnedra, poco dopo il confine italo-svizzero, il torrente è sbarrato dalla diga di Palagnedra, costruita negli anni 1950-52, che forma un piccolo bacino artificiale sfruttato a fini idroelettrici.
E fù proprio li che Beppe cattuto una splendida trota con un minnow snodato con livrea di trota fario.
Beppe esibi’ la sua bravura di chef cucinandola all’ arancia. Per preparare la trota all'arancia iniziate dalla pulizia delle trote: praticate un taglio nel senso della lunghezza del pesce nella parte bassa ed eliminate le viscere, poi lavatela bene sotto l'acqua corrente e asciugatela . Cospargete le carni della trota con il sale e  conditela con il prezzemolo tritato e un pezzo di burro . Prendete poi una pirofila e oliatela . Adagiatevi sopra le due  trote salmonate ripiene e salatele e pepatele anche all'esterno. Cuocete in forno la trota, divisa in due se è grossa,  a 180° per circa mezz'ora: durante la cottura dovrete di tanto in tanto muovere la pirofila per staccare il pesce dal fondo (senza però toccarlo) e irrorarlo con il liquido di cottura sprigionato . Cinque minuti prima del termine della cottura, spremete il succo di un'arancia  e con esso irrorate le trote . Fate terminare la cottura in forno e una volte pronte sfornate le trote e spostatele su di un piatto da portata. Raccogliete il fondo di cottura delle trote in un pentolino  e unite qualche cucchiaio di panna .
Fate ridurre la salsa a fuoco bassisimo per qualche minuto, aggiustate di sale se necessario, e una volta pronta ponetela in una salsiera. Servite la vostra trota  all'arancia insieme alla salsa di accompagnamento!
A tavola con Noi vi era Giovanna la nuova ragazza di Beppe. Io ero con  Elisa che divenne mia moglie e di cui sono ancora innamorato adesso e stiamo assieme ancora adesso dopo 33 anni di matrimonio. La incontrai in un laghetto mentre pescava in costume.


Giovanna 
Elisa a pesca
Inoltre aveva parecchia fortuna nel campo della pesca e prese un bel luccio.
Elisa
 Beppe lo cucino al forno; Ingredienti per 4 persone: 
1 luccio di almeno 1 kg 
1/2 bicchiere di vino bianco 
1 rametto di timo fresco 
1 rametto di rosmarino 
qualche foglia di salvia 
4 spicchi d’aglio 
4 cucchiai di olio extravergine d'oliva 
sale e pepe 


Preparazione Ricetta
Squamate e sventrate il pesce, lavatelo fuori e dentro, poi asciugatelo. Con un coltello praticate sui fianchi del pesce una serie di tagli trasversali equidistanti, per facilitarne la cottura. Ungete di olio una teglia che possa contenere comodamente il luccio, foderatela con carta da forno, ungete anche questa, poi posatevi sopra il pesce. Insaporitelo con sale e pepe e con un trito fine di aglio, rosmarino, salvia e timo. Cuocete in forno caldo a 180° per 40 minuti, sfumando con il vino a metà cottura. Come vino accompagnate con un ottimo bianco come il Passerina…

 Elisa non pesca più ma nella bella stagione, ancor oggi, mi segue a pesca.

***
Il Codice di Hammurabi è una fra le più antiche raccolte di leggi scritte che ci sia pervenuta. Fu scoperto dall'archeologo francese Jacques de Morgan nell'inverno 1901-1902 fra le rovine della città di Susa. Si conoscono altre raccolte di leggi promulgate da re sumerici e accadici, ma non sono così ampie ed organiche. Venne stilato durante il regno del re babilonese Hammurabi (o Hammu-Rapi), che regnò dal 1792 al 1750 a.C., secondo la cronologia media
. Le disposizioni di legge contenute nel Codice sono precedute da un prologo nel quale il sovrano si presenta come rispettoso della divinità, distruttore degli empi e portatore di pace e di giustizia. Questa raccolta di 282 leggi del re Hammurabi di Babilonia fu scolpita in caratteri cuneiformisu di una stele raffigurante alla sommità il re in piedi, in atteggiamento di venerazione di fronte a Šamaš, dio solare della giustizia, maestosamente seduto sul trono. Il dio porge ad Hammurabi il codice delle leggi, che dunque sono considerate di origine sacra. La stele è di basalto nero, alta circa 225 cm; venne rinvenuta nella città di Susa (oggi Shush, capitale amministrativa della provincia di Shush, nella regione iraniana di Khūzestān).
Si ritiene che fosse originariamente esposta nella capitale, e che sia stata trasportata nel luogo del ritrovamento come bottino di guerra dall'esercito elamita. Dato che nella stessa Susa fu trovato un esemplare analogo, molto probabilmente si trattava di un'opera eseguita in serie, di cui esistevano numerose copie. L'assiriologo Jean-Vincent Scheil, che faceva parte della missione archeologica durante la quale fu scoperto il Codice di Hammurabi, in meno di un anno riuscì a decifrarlo e nel 1904 ne pubblicò la traduzione.

Attualmente si trova a Parigi, nel Museo del Louvre. Una copia si trova al Pergamonmuse
Il corpus legale è suddiviso in capitoli che riguardano varie categorie sociali e di reati, e abbraccia in pratica tutte le possibili situazioni dell'umano convivere del tempo, dai rapporti familiari a quelli commerciali ed economici, dall'edilizia alle regole per l'amministrazione della repubblica e della giustizia. Le leggi sono notevolmente dettagliate, e questo ha fornito un aiuto prezioso agli archeologi, consentendo loro di ricostruire importanti aspetti pratici della società mesopotamica. L'importanza del codice di Hammurabi risiede certo nel fatto che si tratta di una delle prime raccolte organiche di leggi a noi pervenuta, ma soprattutto nel suo essere pubblico, o per meglio dire pubblicamente consultabile, esplicitando il concetto giuridico della conoscibilità e della presunzione di conoscenza della legge.
Il cittadino babilonese aveva perciò la possibilità di verificare la propria condotta secondo le leggi del sovrano, e quindi di evitare determinati comportamenti, o di scegliere di attuarli a suo rischio e pericolo. Per la prima volta nella storia del diritto, i comportamenti sanzionabili e le eventuali pene vengono resi noti a tutto il popolo (o almeno a chi fosse in grado di leggere).
« I poveri, le vedove e gli orfani sono posti sotto la tutela dello Stato. Le donne sono protette contro i maltrattamenti del marito. In favore dei lavoratori viene alzato il salario e sono stabiliti i giorni di riposo annuali »
(Codice di Hammurabi, trad. Di Nola-Furlani[1])
Il codice fa un larghissimo uso della Legge del taglione. La pena per i vari reati è infatti spesso identica al torto o al dannoprovocato: occhio per occhio, dente per dente. Ad esempio la pena per l'omicidio è la morte: se la vittima però è il figlio di un altro uomo, all'omicida verrà ucciso il figlio; se la vittima è uno schiavo, l'omicida pagherà un'ammenda, commisurata al "prezzo" dello schiavo ucciso. Il codice suddivide la popolazione in tre classi:
·         awīlum (lett. "uomo"), cioè il cittadino a pieno titolo, spesso nobili
·         muškēnum, uomo "semilibero", cioè libero ma non possidente; in seguito la parola passò a definire un povero o mendicante

·         wardum (fem. amat), cioè lo schiavo, che poteva essere acquistato e venduto

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